In questi mesi abbiamo avuto ulteriori conferme di quanto e come il comportamento dei consumatori sia sempre più orientato all’omnicanalità. Le accelerazioni che hanno caratterizzato l’ecommerce, sia in termini di diffusione, sia per intensità di utilizzo, ci dicono che i clienti hanno sempre più confidenza con la gestione di più canali, prima di tutto per la raccolta di informazioni utili al loro processo decisionale e per relazionarsi con le aziende. Dare una risposta a questo “nuovo bisogno”, ovvero “governare” un sistema di relazioni e di comunicazione sempre più ricco e complesso non è più una scelta, ma è diventata una necessità di primaria importanza. Rappresenta anzi oggi un asset fondamentale per qualsiasi azienda in qualsiasi settore.
Ma se anziché guardare a quello che accade nelle aziende si guarda anche a “quello che potrebbe accadere”, si vede che c’è un altro grande fenomeno, magari sottotraccia, un po’ più nascosto, probabilmente meno “sexy” del consumer omnichannel, ma altrettanto “potente”. Stiamo parlando dell’omnichannel process experience, ovvero della capacità delle imprese di ridisegnare i propri processi in chiave omnichannel. Si tratta di uno scenario in cui l’omnicanalità diventa “totale”: sia nella prospettiva verso l’esterno sia in quella verso l’interno e proprio per questo l’azienda riesce a mettere in diretta relazione la capacità di ascolto verso i clienti (esterno) con la capacità di ascolto verso le proprie risorse umane e i sistemi di produzione (interni) per intervenire sui processi con la migliore precisione possibile, ovvero per avvicinare in modo vero e “strutturale” l’azienda ai clienti. Lavorando sia sul concetto di precisione (saper ascoltare, ma saper selezionare e scegliere le informazioni che servono) per massimizzare la qualità del servizio e la qualità del business.
Integrazione in chiave omnichannel tra business operations e customer experience
Omar Fogliadini, founder e managing director di LIFEdata usa un’espressione che non è solo calzante, ma che aiuta a capire quanto sia importante questo passaggio in termini di rapporto con i clienti: “abbiamo oggi la possibilità di mettere l’azienda in tasca ai clienti, ed è un’occasione di sviluppo unica e straordinaria”. Il punto chiave di questa affermazione è nella consapevolezza che i mondi della Business Operations (efficienza operativa e agilità) e della Customer Experience (marketing, vendite e customer service) non sono più separati. Grazie alle soluzioni di Intelligenza Artificiale possono contare su una capacità di ascolto adesso davvero totale e metterla a disposizione dello sviluppo del business.
“L’omnichannel customer experience richiede la digitalizzazione end-to-end dei processi – spiega Fogliadini – passando per la rilevazione dati, per l’analytics, per la realizzazione di un single customer view, con la trasformazione del dato in azione ed experience personalizzata sui diversi touchpoint”.
Ma che valore hanno queste prospettive se è oggi così complicato mettere mano ai processi di business?
Rischia di essere una potenzialità che rimane importante solo sulla carta.
Focus sulle business solutions, verso l’omnichannel experience senza alterare l’operatività
“Siamo in una fase – osserva Fogliadini – in cui, anche a causa della situazione contingente, le aziende “fanno fatica a toccare i processi, ma nello stesso tempo capiscono perfettamente che non possono stare ferme, perché il mercato sta correndo e ci sono occasioni che possono sfuggire”.
Come se ne esce?
La proposta LIFEdata è una sintesi tra pragmatismo e visione. “Isoliamo gli use case – osserva Fogliadini -, definiamo un perimetro preciso sul quale agire e su quello si focalizzano attenzione e risorse per estrarre valore da quei dati. In altre parole, applichiamo un piano d’azione graduale, focalizziamo l’attenzione sulle business solutions senza alterare l’operatività attuale e implementiamo un sistema chiavi in mano dal processo all’experience e misuriamo subito i risultati sul business”.
Concretamente si tratta di sviluppare una nuova modalità di approccio. “Passiamo da un modello in cui per introdurre queste soluzioni le aziende dovevano “smontare” tutto e ripartire da capo, con un percorso che in molti casi rappresentava una vera e propria rivoluzione e che proprio per questo finiva per bloccarsi ai primi stadi a una soluzione all’insegna della gradualità. Partiamo da un approccio che permette di continuare con il proprio business, senza interruzioni o discontinuità, mettendo mano nello stesso tempo ad alcuni ambiti di business ben circoscritti”. In sintesi, se il comportamento dei consumatori è di tipo omnichannel anche il processo delle aziende deve diventare, magari gradualmente, omnichannel.
Dal Proof of Concept al Proof of Value
A questo si aggiunge poi un altro aspetto, a sua volta nel segno del pragmatismo e del business, ovvero il passaggio dalla logica del PoC (Proof of Concept) a quella del PoV (Proof of Value). Come ci spiega Fogliadini: “dal Proof of Concept al Proof of Value, significa passare da una sperimentazione che dimostra il valore della tecnologia, a una sperimentazione che dimostra il valore della tecnologia per il business. Si tratta di un salto che permette alle imprese di accelerare l’acquisizione di conoscenza in merito alla validità dei progetti e di misurarne subito la validità con i KPI più rilevanti che sono poi quelli del risultato di business”.
Ma facciamo un passo indietro e torniamo alla considerazione iniziale legata al fatto che il Covid-19 ha contribuito a cambiare in modo profondo il comportamento dei consumatori e a consolidare un processo decisionale omnichannel. Per le aziende questo è un dato di fatto, le prospettive di business devono considerare questo scenario e in particolare devono fissare l’attenzione sui due driver di valore che stanno alla base della logica omnichannel dei consumatori:
- L’uso del proprio tempo, la crescente e comprensibilissima attenzione a non sprecarlo
- La goal orientation, la richiesta di focalizzazione e supporto nel raggiungimento di un risultato finale
Da un omnichannel a misura di consumatore a una Experience unificata e completa
“Il problema principale oggi per un’azienda – prosegue – è nella capacità di mappare e gestire in modo preciso le proprie fonti di dati, di estrarre valore e di metterlo in relazione con i propri processi, ovvero di fare in modo che l’organizzazione sia in grado di rispondere ai bisogni e alle richieste che si “leggono” nei dati in modo efficace ed efficiente. E questo avviene con la costruzione di processi allenati all’ascolto e pronti a evolvere in funzione della continua conoscenza che l’azienda si “porta in casa” grazie all’omnicanalità”.
E’ in questo modo che si arriva alla creazione di una Experience Unificata: ovvero a un modello che mette l’azienda nella condizione di intraprendere un percorso per attuare forme di self learning enterprise e che “come LIFEdata attiviamo creando agenti di processo (nella forma di user journey, work spaces, workflow) collocati sui touchpoint dell’organizzazione che dialogano con i clienti come landing page, componenti web e smart app, mondo mobile, nell’assoluto rispetto delle piattaforme che sono già utilizzate dai clienti, senza “obbligarli” ad aggiungere un nuovo touchpoint o una nuova applicazione”.
Semplificando il messaggio: “ti offro la possibilità di creare app smart in un ambiente che il cliente già possiede e frequenta, di attuare degli use case che si attivano all’interno del contesto del cliente e che attivano forme di “personalizzazione” del processo aziendale interno in funzione degli obiettivi. Text, talk, touch: ovvero si lavora sul testo, sul linguaggio, sull’interfaccia, si “rispettano” le abitudini dei consumatori garantendo tutte le possibilità di interagire con l’azienda dall’entry point con cui hanno maggiore familiarità”.
Non sono più le persone che cercano il valore, ma è il valore che cerca le persone
È un cambiamento importante che cambia non solo la relazione tra le aziende e i clienti ma che incide sul processo di costruzione del valore, con questo approccio ,osserva Fogliadini: “non sono più le persone che cercano il valore, ma è il valore che cerca le persone”.
Ed è l’altra faccia della medaglia di questa evoluzione che sta cambiando il rapporto tra consumatori e prodotti e tra consumatori e servizi: omnicanalità significa anche più stimoli, vuol dire amplificare la conoscenza, si traduce in definitiva in maggiori opportunità di scelta e di azione. Ma attenzione, nell’evoluzione dei comportamenti cresce anche la propensione dei consumatori a cambiare brand. La fedeltà, almeno nei termini sino ad oggi conosciuti, viene messa in discussione e i clienti si devono conquistare ogni giorno, in ogni singolo momento.
Ancora una volta la domanda è come? Ovvero come i dati possono aiutare la aziende a governare questo cambiamento, a mantenere il contatto con i clienti sul piano della conoscenza?
Con i dati. O meglio ancora, con la qualità delle risposte. Con il valore della conoscenza che l’azienda deve saper portare verso l’esterno e con il coinvolgimento del consumatore. Se, come abbiamo visto, è il valore che cerca le persone, ecco che serve creare un contesto di interazione omnichannel attorno al cliente. E la parola chiave in questo caso è proprio “contesto”. La connessione tra dati e contesto, con la capacità di lavorare su dati in real time che permettano di comprendere la rilevanza di determinate ricerche o azioni rispetto al contesto personale.
Omnichannel customer experience: come stringere i tempi con l’AI No Code
Una qualsiasi scelta è caratterizzata da un numero crescente di variabili e omnichannel customer experience vuol dire prestare ascolto anche al contesto nel quale si trova il cliente, alle sollecitazioni che riceve, allo scenario informativo nel quale si trova. “Per questo lavoriamo su knowledge graph – spiega Fogliadini -. E per questo LIFEdata mette a disposizione piattaforme di AI No Code che sono nella condizione di partire a lavorare sui dati, di gestire in modo efficace i touchpoint e di trasformare agganciare la Omnichannel experience del consumatore a una omnichannel process experience senza dover creare team di sviluppo e senza “appesantire” le strutture o cercare nuove competenze. ma sempre con lo sguardo e il focus sui risultati di business”.
Se poi vogliamo effettivamente avvicinare la tecnologia alla logica di business dell’imprenditore dobbiamo saltare il passaggio tecnologico. La complessità che arriva dall’omnichannel sul customer e sui processi non deve essere una complessità tecnologica, ma deve anzi aiutare a concentrare l’attenzione sul business. “La tecnologia è in grado di risolvere questo passaggio grazie all’Intelligenza Artificiale ed è in grado di risolvere, in questo modo, anche il problema legato alla carenza di talenti. In questa prospettiva non servono programmatori, né investire in piattaforme, ma si procede con la logica del No Code o Low Code con una integrazione con le applicazioni già presenti in azienda e soprattutto, con l’adozione di roadmap basate sul Proof of Value, che vuol dire misurare l’impatto diretto sul business, e che tradotto in pratica significa “andare” live in un arco di tempo che si misura in giorni e che permette di gestire e disporre di un ROI in tempi rapidi”.
Retail, manufacturing, pharma, smart working e digital sales enablement
In quali settori e con quali possibilità? Diversi sono i livelli sui quali questo approccio può portare valore. Diverse sono le industry dove queste applicazioni possono far crescere il valore: il mondo del Retail, della GDO e dell’eCommerce certamente, così come, i servizi e la sanità. Ci sono poi settori come manufacturing e pharma che possono trarre grande valore dall’integrazione tra i dati dell’omnichannel experience e la reingegnerizzazione dei processi in chiave omnicanalità interna. Basti pensare, nel manifatturiero (in particolare per un settore strategico come quello dei machine builder), ai temi del field service e della remotizzazione dei sistemi di produzione e a come questa “capacità di ascolto” aperta ai sistemi e alle persone che operano sul campo può aprire le porte o accelerare processi di servitizzazione.
In termini di layer di innovazione integrare il front end con il customer e il back end di processo può contribuire ad aumentare la produttività in contesti di smart working, può permettere di rivedere le logiche di Digital service con la possibilità di dare vita a una vera e propria filiale digitale che sta “in tasca” al cliente con web, whatsapp, social, google. Ma lo stesso discorso vale anche per le vendite che con il digital sales enablement, permette di gestire le relazioni e le vendite da remoto con una integrazione, davvero omnichannel, tra mondo fisico e digitale.