Passi avanti verso i pagamenti digitali

Pubblicato il 31 Mar 2014

Alessandro Longo

Sta finendo, forse, l’emorragia quotidiana che il Sistema Paese subisce per colpa dell’abuso del contante. Matura infatti l’offerta di strumenti per i pagamenti elettronici, grazie ad accordi tra gli stakeholder. Anche la domanda da parte dei consumatori e degli esercenti comincia a dare segni di sviluppo. È il senso di alcune ricerche condotte di recente dal CeTIF (Center of Technology, Innovation and Finance), presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (La valutazione economica e strategica del business dei pagamenti: trend di mercato, progetti d’innovazione e benchmark dei costi e Modelli di servizio e strategie d’integrazione multicanale nell’ecosistema dei pagamenti: Extending the Italian Payment Environment).

Un po’ di ottimismo, insomma, traspare dalle parole di Paolo Gatelli, Research manager del Cetif.

Cominciamo circoscrivendo il problema. In sintesi, qual è il danno più grave che l’Italia sta subendo per colpa del contante?

Diciamolo subito: circa 20 miliardi di euro annui, in costi per il sistema. Di cui: 10-15 miliardi di euro per il costo della gestione e della sicurezza per il contante (fonte Banca d’Italia) e circa 14 miliardi di euro del sommerso, che sfugge ai controlli fiscali (fonte Nera Economic). Ultimamente è stato analizzato un altro effetto negativo del contante: il freno ai consumi delle famiglie. Secondo un’analisi di Moody’s, l’uso di moneta elettronica facilita infatti la circolazione del denaro.

Quali tasselli si stanno muovendo per risolvere il problema?

Si stanno diffondendo, in diversi settori, strumenti alternativi al cartaceo. Eni con Cartasì ha lanciato una carta spendibile per vari beni, oltre che per il carburante. La pubblica amministrazione sta digitalizzando diversi strumenti di pagamento. La grande distribuzione, in accordo con banche, sta trasformando le carte fedeltà in carte spendibili, che permettano cioè di pagare beni oltre ad accumulare punti. Il prossimo passo è la smaterializzazione della carta, integrandola nel cellulare.

C’è un’evoluzione dell’offerta di moneta elettronica, quindi?

Sì. Così migliora l’esperienza d’acquisto del cliente (in termini di minori attese e minor numero di carte nel portafoglio). Al tempo stesso, i nuovi strumenti cominciano ad abituarlo all’uso della moneta elettronica.

Ma allora sta maturando anche la domanda, cioè la predisposizione a usare questi strumenti?

Diciamo così: se grandi player si stanno muovendo in questa direzione, significa che ritengono che il pubblico stia diventando pronto. Certo, anche grazie al ricambio generazionale, si sta consolidando tra gli italiani la percezione di quanto sia vantaggioso usare la moneta elettronica.

Ma è solo una percezione diffusa, appunto, o anche un fenomeno che si manifesta già oggettivamente?

Ci sono segnali incoraggianti. Le transazioni con carte di credito sono state 62 milioni nel 2013 (secondo Abi), in crescita del 3,3 per cento sul 2012. Anche se il numero di carte di credito attive nel 2012 si mantiene sostanzialmente costante (13.5 milioni), cresce molto l’utilizzo di quelle prepagate. Cioè si registra un +25.9% nel numero di transazioni e un +30.6% per il valore delle operazioni. Bene anche che il commercio elettronico continui a crescere a doppia cifra percentuale. Soprattutto grazie al gioco online, all’acquisto di coupon, oltre che di viaggi e biglietti. Un processo, anche se lento, di diffusione della moneta elettronica lo stiamo quindi vivendo.

E per quanto riguarda gli esercenti, invece? Sta maturando anche la loro attitudine a usare moneta elettronica?

Gli esercenti non hanno ancora piena consapevolezza di quali siano i veri costi -occulti- del contante. E si lamentano degli alti costi di commissione. Al che le banche ribattono che quelli potranno calare se aumentano le transazioni.

Un circolo vizioso. Come se ne esce?

Sono in corso tavoli di lavoro tra stakeholder per ridurre le commissioni, soprattutto per le piccole transazioni. Sta per scattare inoltre una norma che obbligherà a dotarsi di pos.

E i nuovi strumenti mobile pos, che si collegano ai cellulari e hanno costi più bassi, possono fare la differenza?

Stiamo a vedere, ma secondo me sì e molto. Teniamo conto che sono 27 milioni gli utenti smartphone italiani. Chiunque di loro adesso può collegarci uno di quei gadget e accettare pagamenti con carta. Pensiamo per esempio agli edicolanti. Oppure ai promotori o agli agenti assicurativi che così possono incassare le polizze presso gli utenti senza dover usare contanti. Abbiamo un gruppo di lavoro con alcune compagnie assicurative per valutare quali strumenti, anche mobile Pos, possono adottare. Alcune stanno già dotando i propri agenti di queste tecnologie.

Quali altre evoluzioni vedete in questo campo?

Le banche stanno adottando un sistema di online banking epayment- chiamato MyBank. Tutte le banche che vi aderiscono propongono ai clienti un tasto- sul web o mobile- per pagare con le credenziali dell’home banking. Questo sistema può facilitare e accelerare il pagamento elettronico. Teniamo conto che se tutte le banche aderissero al servizio, ci sarebbero 30 milioni di clienti abilitati a pagare in questo modo: un numero molto superiore a quello delle carte di credito.

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