Digital Identity, un ruolo chiave per il business digitale

Pubblicato il 18 Dic 2014

Digital Wallet EUDI

Piero Todorovich

Nell’era dell’app economy in cui sempre più consumatori si avvicinano alle imprese attraverso nuovi canali tecnologici, l’identità digitale si appresta a giocare un ruolo abilitante per il business, molto diverso da quello “tecnico” antifrode o di tutela dei dati che ha avuto in passato. Lo dimostra una ricerca presentata da CA Technologies in collaborazione con il Ponemon Institute e volta ad analizzare l’interesse di professionisti IT e business di aziende europee e italiane per lo sviluppo dell’ID digitale attraverso gli innovativi approcci del “Bring your own ID” e del Social ID.

Concetto simile al “bring your own device” dello smartphone applicato all’identità, l’approccio del “bring your own identity” abilita l’autentica multi-fattoriale, toglie agli utenti gli oneri delle complesse registrazioni, ma risulta implementato solo da un ristretto numero di aziende (20%). Il modello del Social ID fa invece i conti con una fiducia diseguale nelle diverse aree geografiche per gli operatori del social, e che pogono al primo posto Paypal e Amazon mettendo in fondo classifica Google e Facebook.

A prescindere dall’approccio adottato, l’ID digitale consente alle aziende che fanno e-commerce e servizi in rete di offrire una migliore esperienza agli utenti (60% delle risposte date dai professionisti IT italiani), rendendo inoltre più semplice all’azienda la gestione di ordini e logistica (58%). Per i business user europei ha invece soprattutto un valore per l’attività di marketing (80%). L’ID digitale è insomma una risorsa.

Questione di fiducia

“Sicurezza e ottimale gestione delle identità diventano una condizione necessaria per garantire la fiducia del consumatore e quindi avere successo nel business online, basato su app e servizi in mobilità”, ha spiegato Marco Comastri, presidente per l’area EMEA di CA Technologies. Con applicazioni in grado di tracciare gli spostamenti e i gusti delle persone, l’internet dei sensori (IoT), la comunicazione machine-to-macchine, l’analisi big data, “la gestione efficace dell’ID digitale, nel rispetto di regole e policy, sarà cruciale per creare un contesto di fiducia reciproca tra aziende e consumatore”.

Il previsto cambiamento nel modo di utilizzare le identità degli utenti è oggi in conflitto con l’uso di sistemi monolitici, non adattabili a contesti dove le applicazioni cambiano continuamente ma anche a un modo “più moderno” di concepire l’identità come prerogativa dell’individuo. “Le persone stanno sempre più diventando cittadini dell’era digitale e pretendono di poter accedere alle loro informazioni senza più dipendere da infrastrutture fisse, specifici canali o dispositivi – spiega Andrew Kellet principal analyst di Ovum –, servono sistemi di gestione capaci di dare maggiore libertà”.

Questo rende attuale il tema della portabilità dell’identità e del suo più efficace supporto, rispondendo alle fondamentali esigenze di venire incontro agli utenti, favorirne le relazioni e fare dell’ID una possibile fonte di business”. Nei fondamentali trend che caratterizzano il settore Ovum colloca al primo posto la gestione del rischio d’impresa, sicurezza e compliance, prima ancora di altri aspetti cruciali dei moderni business che comprendono l’impiego di tecnologie analitiche su larga scala o la creazione di infrastrutture d’impresa in grado di adattarsi meglio al mutare delle esigenze dei cienti. Secondo le previsioni di Ovum, a fine del 2014 la spesa per la security avrà toccato i 30 miliardi e varrà 33,5 nel 2015, di cui circa un quarto (22%) destinata alle soluzioni di ID e access management.

Al di là dei ritorni sotto forma di maggiori vendite e fiducia dei clienti, un’efficace gestione dell’ID ha il potenziale per poter essere un business indipendente per alcune grandi aziende che gestiscono grandi volumi di transazioni. Gli esempi esistono da parte di banche, compagnie aeree, fino ad aziende di ristorazione, come Starbucks, che grazie alla fiducia accordata dai consumatori può offrire a terzi dei servizi collaterali fondati sull’identità del consumatore.

Le prospettive d’impiego per l’ID digitale

I progetti d’impiego delle ID digitali sono davvero molteplici, come è emerso nella tavola rotonda ospitata da CA con la partecipazione di un panel di aziende europee. Tra queste Postecom (Poste Italiane) che già oggi opera come ID provider per circa 20 milioni di clienti ed impegnata a semplificare l’approccio alla molteplicità dei servizi e canali in cui opera. Vincenzo Pompa, CEO di Postecom è stato vitale strutturare i sistemi per garantire un accesso dei clienti semplificato e con diversi livelli di profondità dell’autenticazione. “Tenendo conto di ciò che il cliente deve realmente fare e quindi dei rischi effettivi d’incorrere o meno in frodi significative”.

Per Giuseppe Tilia, responsabile del Progetto Agenda Digitale di Telecom Italia è oggi fondamentale che si adotti un approccio unificato all’ID digitale per il settore pubblico e delle imprese private. “E’ importante che siano definite le regole con cui di volta in volta possono essere rilasciate informazioni a terzi per specifici scopi e tempi. E’ inoltre Importante la creazione a livello pubblico di un database unificato”.

Una buona palestra per applicazioni innovative nel campo dell’ID digitale sarà l’Expo. “Abbiamo scelto di non tediare il visitatore con registrazioni complesse al momento di comprare il biglietto – spiega Guido Arnone, direttore Innovazione tecnologica e digital di Expo 2015 -. Non per questo abbiamo rinunciando a costruire un profilo accurato attraverso i servizi che l’utente sceglie, per esempio per avere una guida geolocalizzata o accedere agli eventi d‘interesse. Tutto questo risolvendo la sfida tecnica di riuscire a gestire le ID digitali in modo integrato e in tempo reale”.

Il panel di utilizzatori di Digital ID

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