Mauro Bellini
“Il miglior servizio di pagamento per un cliente è quando non si accorge di pagare”. Il sogno e l’aspettativa della maggior parte dei retailer, dei merchant o dei fornitori di beni e servizi, tanto nell’online quanto nei punti vendita fisici, è di arrivare a offrire ai clienti la massima semplicità di pagamento possibile.
Non c’è dubbio che l’esperienza di acquisto più soddisfacente è quella più semplice, ci si concentra sui prodotti, sui servizi e sulla relazione, non sulla metodologia di pagamento. La relazione di vendita non deve essere disturbata o ritardata da fattori che non siano direttamente correlati all’arricchimento del rapporto con il cliente. Nell’esperienza di acquisto e di pagamento ideale non c’è coda alle casse, non si deve scegliere il contante, non si deve cercare un PIN, si può inquadrare un QRCode o cercare di agganciarsi alla connessione contactless, ma il tutto deve essere gestito con una soluzione che sappia garantire il perfetto funzionamento di tutte le componenti per evitare, ad esempio, di strappare un sorriso ai clienti in coda gesticolando con uno smartphone davanti a un Mobile POS per cercare di farli “parlare”.
L’esperienza di acquisto ideale nasce primariamente dalla ricerca della semplicità. Oggi il digitale ci mette a disposizione una scelta smisurata di possibilità che stanno stanno migliorando il nostro rapporto con gli acquisti e con la fase del pagamento, che arricchisce la fase importantissima della relazione, ma non possiamo dire di avere raggiunto una autentica semplificazione, Siamo ancora in una fase di ricerca, di entusiasmo, di invenzione e spesso di sperimentazione.
Pagamento come relazione
Ma facciamo un passo indietro e proviamo a pensare alle nostre abitudini più comuni. Pensiamo a quelle che si ripetono più volte al giorno, quasi senza averne la piena consapevolezza, come un riflesso automatico. Pensiamo poi a quelle che ci mettono ogni giorno in relazione con altre persone o con realtà, non solo persone fisiche, per l’acquisto di un bene o per usufruire di un servizio. Ci accorgiamo facilmente che una delle abitudini più ricorrenti e più importanti nella nostra vita è proprio quella dei pagamenti. Attraverso il pagamento entriamo in contatto con piccole e grandi aziende, stabiliamo o completiamo una relazione di scambio, procediamo con il nostro lavoro. Possiamo pagare per noi stessi, per conto di familiari o amici o in nome e per conto dell’azienda per la quale lavoriamo.
L’atto del pagamento è in sé semplice: è uno scambio, ma se lo si guarda in tutte le sue declinazioni è in realtà molto complesso ed è soprattutto molto costoso. E questo, unitamente alla questione della semplicità, è il vero punto della questione: l’abitudine al pagamento che abbiamo costruito nel corso di tanti anni è una abitudine altamente inefficiente che presenta per noi, per tutti coloro che sono sul mercato con beni e servizi e per la collettività in generale, un costo decisamente elevato in termini di scarsa efficienza e di limitazione alle possibilità di sviluppo. I digital payment oltre che per la nostra personale comodità e per la miglior gestione dei flussi e delle risorse delle aziende, rappresentano una sfida per contribuire a rimettere in salute l’economia del nostro paese.
Semplicità ed efficienza sono le due parole chiave che ci devono guidare per comprendere il futuro dei pagamenti e per capire che il digitale è la vera leva del cambiamento, ma il digitale da solo non basta. Se vogliamo realizzare il “sogno” di tutti i merchant, ovvero che i clienti possano pagare senza “accorgersene”, è necessario che il “contesto” si attrezzi per attivare quei servizi che sono da tempo usciti dalla “proof of concept” e sono già realtà in molti ambienti privati e pubblici e nello stesso tempo che ciascuno di noi svolga quotidianamente la sua parte iniziando a cambiare ogni giorno, almeno un pezzo, delle nostre abitudini.
Il costo del cash
Quella del digital payment appare come una sfida dove l’aspetto tecnologico per quanto assolutamente importante non è sufficiente per modificare da solo la realtà. Lo abbiamo visto: occorre cambiare le nostre abitudini, cambiare la logica con cui il mondo della vendita di beni e servizi gestisce la fase finale del processo d’acquisto, che peraltro, grazie al digitale può anche coincidere con la fase iniziale del processo di postvendita.
La portata del primo obiettivo è storica: abbattere i 9,5 miliardi di Euro di costo del contante (tanto ci costa tenere in tasca carta e moneta ogni anno tra stampa, trasporto, sicurezza, gestione e incidenti). E già qui abbiamo una idea di quanto le “vecchie abitudini” di cercare la moneta in tasca o la banconota nel portafoglio rappresentano, ogni volta che si ripetono, per chissà quante volte al giorno, un contributo alla inefficienza generale. Una sfida “monstre” a maggior ragione se pensiamo che il danno provocato all’erario in termini di economia sommersa, protetta in qualche misura dall’uso del cash, arriva a 27 miliardi di euro, ovvero la portata di una finanziaria.
E la sfida è ancora più rilevante se si pensa che che l’Italia parte da più lontano rispetto a tanti altri paesi, soprattutto nordici. Anche se sono triplicate in un anno, le transazioni digitali sono oggi solo 1 su 85. Se invece si guarda al valore ci rendiamo conto che rappresentano solo 1 euro su 200 (per un valore di 700 milioni di euro nel 2015, ancora poco, ma in grandissima crescita rispetto al 2014 quando erano fermi a 200 milioni di euro).
La sfida del Mobile Remote Payment
Lo scenario nel mondo dei servizi sta contribuendo a far entrare nelle nostre abitudini il Mobile Remote Payment che pur essendo ancora a oggi una piccola fetta del transato (300 milioni di euro) sta crescendo grazie al contributo che arriva dai pagamenti legati alle utility come il pagamento di bollette e bollettini che sono raddoppiati da 21 milioni di euro nel 2014 a 57 milioni nel 2015. Come anche il ticketing nel mondo dei trasporti, che cambia il nostro rapporto con la PA o con i fornitori di servizi in generale: dall’acquisto dei biglietti del bus, al pagamento dei parcheggi, al pagamento del car sharing o del byke sharing. Tutto questo mondo sta dimostrando di essere una realtà che cresce del 160% anche se per per il momento con valori assoluti dell’ordine di 40 milioni di euro che sono ancora marginali in relazione alle potenzialità del mercato, ma che riflettono una realtà fatta di tantissime transazioni di piccola entità. Se poi si fa la conversone tra il fatturato in euro e il numero di ticket ci si accorge che sono stati virtualmente staccati 6 milioni i biglietti per il trasporto locale, 3 milioni per le soste al parcheggio e oltre 6 milioni di corse di car sharing: tutto questo utilizzando il nostro smartphone. Se infine si guarda al futuro lo scenario è straricco di opportunità con la prospettiva di superare i 500 milioni di euro entro il 2018.
Con questi numeri possiamo vedere che le nostre abitudini stanno effettivamente già cambiando e che sempre più presto sarà naturale abbandonare il cash anche per le spese più piccole. E ci abitueremo a pagare in un altro modo.
Il vero punto sul quale si accende oggi il confronto di mercato riguarda la ricerca di un equilibrio tra la massima semplicità possibile per l’utente, la massima sicurezza possibile per tutti gli attori della filiera e la massima apertura possibile per gli tutti gli operatori (merchant, banche, fintech, Telco, wallet provider etc) che giocano la loro partita sul mercato dei pagamenti anche per agganciare al pagamento tutti quei servizi che possono poi migliorare sia la prevendita sia la postvendita.
La normativa PSD2 e l’identità digitale SPID
Dietro a tutto questo, invisibile agli utenti, ma sempre più fortissimamente presente ci stanno due grandi temi, da una parte la spinta ferrea anche se forse un po’ lenta della normativa europea (vedi PSD2) che sta portando il mercato dei digital payment fuori dai rischi di una deregulation disegnando un quadro normativo più favorevole ai mobile wallet e il grande tema dell’Identità digitale (vedi SPID) che a sua volta contribuisce a fornire elementi di maggiore chiarezza e certezza per inquadrare il tema dei digital payment in relazione ai temi della privacy, dei rapporti con la pubblica amministrazione e della sicurezza.
Quello che sta emergendo è uno scenario quasi ideale per chi fa innovazione con l’obiettivo di portarla sul mercato: maggiore chiarezza normativa, tanta innovazione che esce dalla deregulation e inizia a definire e consolidare gli standard e tanta curiosità e attenzione da parte dei clienti e dei tantissimi potenziali clienti, che guardano con crescente interesse alle novità dei digital payment e che nello stesso tempo chiedono maggiore chiarezza e semplicità nell’identificare le soluzioni più adeguate alle più specifiche esigenze. In effetti il rischio quasi paradossale di questa fase del mercato è proprio quello di avere un eccesso di offerta ancora poco integrata e omogenea. Un rischio che si amplifica se si osserva lo sviluppo dell’offerta di un segmento dei pagamenti un po’ anomalo ma molto innovativo come quello del P2P . Un settore dei pagamenti questo che ha dato una risposta assolutamente innovativa rispetto completamento la propria prospettiva
Come pagheremo domani?
Il vero punto interrogativo oggi per tutti coloro che già hanno “sposato” la logica dei digital payment sta tutta nella domanda: “come pagheremo domani?”. Una domanda che si amplifica ulteriormente se si guarda alla fascia ancora molto ampia di coloro che devono essere conquistati dai pagamenti digitali e che hanno bisogno di essere indirizzati e guidati.
Gli scenari che si prospettano sono numerosissimi: dal pagamento contactless magari via NFC (smartphone e Mobile POS devono essere abilitati) o le alternative come l’MST o attraverso altre soluzioni, al contactless via QRCode; dal “vecchio” PIN al riconoscimento biometrico che apre una serie di altri nuovi scenari: dal riconoscimento con impronte digitali al riconoscimento tramite iride o ancora il riconoscimento visivo o ancora più modalità di riconoscimento, associate e integrate, magari ai wearable che indossiamo o al mondo degli apparati e dei pagamenti tramite IoT e accanto a questo c’è poi tutto il “mondo” dei token e della tokenization che apre a sua volta un’altra nuova serie di prospettive.
Se si guarda a questo futuro vediamo che per pagare può bastare appoggiare il nostro dito indice sul lettore biometrico o fissare un lettore biometrico visivo o scattare una foto e pagare con selfie come propone MasterCard o ancora molto più semplicemente dichiarare semplicemente che si paga con “Google Pay” e con Android Pay pagheremo senza mani, come nel recente test californiano di Google e fissare una camera che verifica la nostra identità tramite riconoscimento visivo, in questo caso senza dover effettuare nessuna operazione manuale. Ma come sostengono molti merchant il pagamento ideale è quello nel quale il cliente non si accorge di pagare: si gode tutte le fasi del processo d’acquisto senza nemmeno porsi il tema del pagamento e si ritrova, quando vuole e come vuole a controllare la transazione in piena comodità e, tipicamente a casa o in viaggio, ma lontano dal punto vendita. E’ questo un altro scenario peraltro praticabile e per certi aspetti anche già in parte collaudato.
Dal pagamento al post vendita
Ma il vero tema per i pagamenti digitali è e sarà sempre di più quello di realizzare progetti di digital payment che sappiano confrontarsi con le più specifiche esigenze per dare prima di tutto ai clienti e in parallelo ai merchant e ai fornitori di servizi le modalità di digital payment più vicine alle reali esigenze del business. Questa scelta dovrà confrontarsi sempre di più in futuro con il fatto che il digital payment va vissuto non come un punto di arrivo nel processo di acquisto, ma come una tappa che finalizza un componente di questo percorso collegato all’acquisto di un bene o di un servizio e che rappresenta un punto di raccolta di informazioni che contribuiscono a completare il profilo del cliente. Il pagamento è un atto che può dire tante cose sul cliente, ad esempio sulla sua dotazione tecnologica e sulla sua sensibilità all’utilizzo dei device e degli strumenti di cui si è dotato, non ultimo l’atteggiamento nei confronti di stimoli, come quelli che possono arrivare ad esempio dall’applicazione di soluzioni di Proximity marketing che possono a loro volta permettere di sviluppare nuove offerte ad elevata personalizzazione e possono nello stesso tempo evitare di fare proposte magari indesiderate.
Il digital payment va dunque vissuto come una sfida per modificare una delle nostre abitudini più radicate e consolidate attarverso al ricerca di un punto di equilibrio “mobile” che tenga conto delle esigenze di semplicità che arriva da chi “fatica a cambiare abitudine” e le esigenze di innovazione dei merchant e dei fornitori di servizi.
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