Come funziona e quali prospettive si aprono per il payment con l’In-Things Purchase – Seconda Parte

Pubblicato il 30 Gen 2019

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Abbiamo già trattato dell’In-Things Purchase nella prima parte di questo contributo, analizzando gli aspetti che caratterizzano il tema dell’identità e del pagamento. Ne abbiamo discusso fotografando un’attualità tecnologica di soluzioni che, seppure in grado di abilitare una parte consistente di use case, non permette di esprimere al meglio le potenzialità che rinvengono nello sviluppo di ciò che abbiamo chiamato “Embedded Commerce”. Una declinazione, questa, che, prendendo spunto da un precedente articolo di Giovanni Miragliotta e Antonio Capone, dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano, non deve confondersi con l’“Embedded purchase”, ma che invece, ad opinione di chi scrive, pur basandosi sullo stesso framework dell’In-Things Purchase, potrebbe rappresentarne un’estensione in quei contesti dove lo smart-object è in grado di eseguire operazioni evolute di trading.

In questa seconda parte del servizio analizzeremo alcuni scenari con una previsione temporale di medio termine che potrebbero alimentare taluni trend socio-economici in forte crescita in questi anni: la sharing economy (o, come meglio vedremo, la “smart sharing economy”) e la prosumer economy.

Il lettore più (tecnologicamente) smaliziato avrà di certo intuito che soffermeremo la nostra attenzione sull’impiego della blockchain (e delle proprie capabilities) a supporto di un’”economia degli oggetti”. Un percorso che ci condurrà ad estendere il nostro pensiero fino a considerare quegli scenari di medio-lungo termine nei quali Intelligenza Artificiale e IoT si contemperano, delineando alcuni sviluppi strategici che supportano direttrici di innovazione altamente disruptive.

Ma veniamo a noi e, riprendendo le tematiche principali dell’identità e del pagamento di un’oggetto, una puntale disamina del “to be”, dunque, ci permette di entrare nel dettaglio di ciò che viene rappresentato nella Fig.1

Smart contracting e smart-object

Prima di addentrarci nella dissertazione su identità e pagamenti degli oggetti in processi di Embedded Commerce, vogliamo soffermarci su alcune considerazioni iniziali, osservando che l’In-Things Purchase, per come sin qui lo abbiamo descritto, non rappresenta la sola intersezione tra mondo Fintech e Internet delle cose.

Un altro aspetto importante riguarda infatti la tematica dello smart contracting. Perché gli oggetti possano acquistare senza interazione umana è necessario utilizzare protocolli che facilitino, verifichino o facciano rispettare una negoziazione e che possano assicurare un livello di sicurezza superiore alla contrattualistica e alle interazioni web al momento esistenti.

A tal proposito, la tecnologia Distributed Ledger e i protocolli di blockchain rappresentano un supporto naturale per questo tipo di esigenza, offrendo la possibilità di implementare (ed eseguire) i cc.dd. “Smart Contract”.

Che cos’è uno Smart Contract

Smart Contract[1] è la “traduzione” o “trasposizione” in codice informatico di un contratto, che permette di verificare in automatico l’avverarsi di determinate condizioni e di eseguire in automatico azioni (o dare disposizione affinché si possano eseguire determinate azioni) nel momento in cui le condizioni definite tra le parti siano raggiunte e appurate.

Lo Smart Contract è basato su uno script che “legge” sia le clausole che sono state concordate sia le condizioni operative nelle quali devono verificarsi le condizioni stesse e si auto-esegue nel momento in cui i dati riferiti alle situazioni reali corrispondono ai dati riferiti alle condizioni e alle clausole concordate.

Tecnicamente parlando potremmo considerare gli smart contract come dei contratti scritti in un linguaggio eseguibile da una macchina in grado di essere operati nel rispetto delle proprie clausole e senza intervento esterno. Uno Smart Contract può ricevere informazioni in input, elaborarle sulla base delle regole definite ed eseguire delle azioni come output.

Al pari dei propri simili cartacei può prevedere obblighi, benefici e sanzioni per le parti contraenti. Dobbiamo pensare a uno Smart Contract come un codice informatico molto semplice che soddisfa – solamente – condizioni di tipo if-then-else. Per esempio, pagare un libro ordinato via Internet solo quando: il corriere lo ha consegnato, si sia verificato che corrisponda a quanto ordinato e che non sia danneggiato, siano scaduti i termini per l’esercizio del diritto di recesso.

Il codice può dimostrare in modo inconfutabile il verificarsi degli eventi di cui prima e l’auditabilità delle transazioni eseguite viene garantita dalla scrittura permanente sull’architettura Distributed Ledger tipica delle blockchain più diffuse.

La decentralizzazione tipica di qualsiasi blockchain (permissioned o permissionless), permette di garantire una maggiore resistenza ad attacchi informatici o, cosa assai più rilevante, migliore robustezza rispetto a tentativi di corruzione (non solo nell’accezione tecnologica del termine) del dato e dei processi.

Metaforicamente parlando, “cibo” per gli smart contract può essere rappresentato da informazioni raccolte tramite sensoristiche che, mediante Oracoli[2], possono offrire dati aggiornati in input. Ne consegue che l’impiego di uno smart-object in un contesto di In-Things Purchase, laddove venisse supportato da appositi Smart Contract, potrebbe estendersi sino a ricomprendere la gestione di un processo assai più complesso di quello relativo al mero pagamento. Più propriamente, potremmo dire che un’attività di trading commerciale sarebbe abilitabile a livello di oggetti intelligenti fra loro interconnessi, grazie all’opportuna progettazione di un mix di Oracoli e Smart Contract.

Similmente a quanto abbiamo fatto nella prima parte di questo articolo, procediamo ora ad analizzare, con riferimento alla Fig. 1, l’identificazione e il pagamento di uno smart-object abilitata dalla blockchain, negli scenari strategici di medio termine.

L’identificazione di uno smart-object negli scenari strategici di medio termine

La possibilità di efficientare il processo di identificazione e verifica di uno smart-object che si accinge ad inter-operare con altri oggetti o che, più semplicemente, è attivo nell’ambito di una transazione di In-Things Purchase come descritto nella prima parte del servizio, può passare tramite lo sfruttamento della blockchain.

Assumiamo di poter considerare come asset la prova dell’Identità Digitale di uno smart-object. A ciascun oggetto identificato, è possibile attribuire un “token” che lo autorizza a compiere azioni sfruttando una tecnologia Distributed Ledger e l’esecuzione di specifici Smart Contracts.

Una soluzione siffatta permette di mutuare i benefici della decentralizzazione tipici delle blockchain e la possibilità di eliminare intermediari nella gestione di una transazione in criptoasset (si pensi alla Blockchain dei Bitcoin, a titolo esemplificativo), riproponendosi nell’ambito della comunicazione tra oggetti intelligenti, consentendo a questi di scambiarsi dati e informazioni senza il ricorso a terze parti.

In una transazione di In-Things Purchase il dato relativo all’identità dell’oggetto deve vivere e lavorare a prescindere dai protocolli di comunicazione e laddove il collegamento a un server possa presentare un problema per la privacy o per la robustezza del dato stesso, ecco dunque che l’impiego della blockchain potrebbe apparire salvifico.

Prima di procedere con la disamina degli scenari di pagamento avviabili da oggetti intelligenti come ravvisabili nella parte destra della Fig.1, è necessario chiarire il significato di un termine che abbiamo già impiegato in questo articolo: token.

Significato di token

Con token, purtroppo, non ci si riferisce sempre allo stesso significato. In particolare, è utile precisare che l’impiego di questo termine nel corrente contributo non deve confondersi con quello spiegato nella prima parte del contributo stesso.

Quando poc’anzi abbiamo considerato come asset la prova dell’Identità Digitale di uno smart-object, abbiamo inteso trasferire la rappresentazione digitale di una prova d’identità (che può avvenire “off-chain”, ovvero al di fuori della blockchain) nel concetto di criptoasset, ossia una rappresentazione digitale di valore resa univoca grazie all’impiego di meccanismi crittografici.

Significheremo, d’ora in avanti, con token una “legatura digitale” della legittimazione di un diritto al titolo rappresentato dal criptoasset che consente di creare un legame tra un bene fisico (oppure un bene “off chain”,) e un asset nativo delle blockchain. In tal modo, è possibile comprendere come il token possa essere trasferito e scambiato su una blockchain, al pari di ciò che avverrebbe con gli asset nativi (p.e. i Bitcoin della Blockchain).

Attribuendo un valore nominale al criptoasset o legando la legittimazione di un diritto al titolo che esso rappresenta, abbiamo creato quel legame tra un bene fisico e un asset nativo delle blockchain. Un asset che, in quanto digitale, è scambiabile su piattaforme Distributed Ledger e diviene perno di un sistema transazionale, in cui la validità dei negozi giuridici sottostanti è garantita da un sistema matematico tale da ricreare quel rapporto di fiducia – anche – tra estranei, senza bisogno di una terza parte intermediaria.

Esistono diverse tipologie di token classificabili in funzione dell’uso tecnologico che di essi può essere fatto e del tipo di diritto nei medesimi incorporato. Nell’economia di questo articolo non è possibile scendere in un dettaglio esaustivo di ogni tipologia di token e, pertanto, ci limitiamo a specificare che, in relazione alla prima classificazione è importante sottolineare come l’impiego di Smart Contract che abbiamo analizzato più sopra, possa sostanziare la generazione di nuovi diritti, laddove siano eseguite, verificate e validate sulla blockchain eventuali clausole espresse all’interno dello stesso Smart Contract.

Il pagamento di uno smart-object negli scenari strategici di medio-lungo termine

Veniamo orbene ad analizzare la parte destra della Fig.1 e cerchiamo di comprendere come l’impiego dei token possa agevolare non solo i processi di identificazione degli smart-object ma anche di pagamento dei medesimi, allorquando attivati in una transazione di In-Things Purchase.

Nel prosieguo assumeremo, per semplicità, una sola funzione di un particolare tipo di token che rappresenta digitalmente una valuta fiat (potrebbe essere l’Euro): il “fiat Pegged Token”.

La rappresentazione digitale di una moneta fiat mediante questo token permette di conferire alla moneta fiat alcune caratteristiche speciali che possiamo riassumere come al seguito:

  • programmabilità,
    l’esecuzione di una transazione su blockchain può essere vincolata a un set di regole predefinite e “cablate” all’interno del token che determinano come (o dove) può essere usata la fiat money rappresentata dal token stesso;
  • verificabilità e tracciabilità,
    tutte le transazioni effettuate mediante queste tipologie di token su una blockchain, permettono di mantenere una traccia immutabile degli scambi avvenuti tramite la moneta fiat rappresentata su un registro distribuito verificabile da terze parti.

Il fiat Pegged Token, dunque, può essere una soluzione idonea a consentire il pagamento in una transazione di In-Things Purchase in quanto: non richiede la presenza di intermediari (e, similmente a quanto abbiamo detto per il caso dell’Identità Digitale, ben s’attaglia al contesto comunicazionale e trasmissivo tipico di soluzioni IoT), ha una propria fungibilità programmabile che inerisce l’esecuzione di Smart Contract, è tracciabile.

L’impiego di tali tipologie di token permette un’indipendenza dallo strumento di pagamento, caratteristica che, invece, doveva essere gestita nello scenario descritto nella prima parte di questo contributo. Infatti, gli oggetti intelligenti usano questi token come se fosse una valuta propria, lasciando i problemi di conversione (acquisto e rimborso) con la valuta fiat “ai morsetti” (direbbero gli elettrotecnici) dell’ecosistema IoT in cui vivono.

Verso l’Embedded Commerce

Chiarito come gli smat-object possano “pagare” usando i token descritti poco prima, è piuttosto facile intuire come, assunte alcune regole off-chain[3] un oggetto intelligente possa eseguire transazioni commerciali in un contesto decisamente più ampio di quello che abbiamo descritto nella prima parte di questo articolo.

Consideriamo alcuni scenari illustrati nell’articolo di Miragliotta e Capone (si veda la Fig. 2) e proviamo ora a declinarli in alcuni use case che permettano di comprendere le potenzialità espresse dall’Embedded Commerce, qualora gli smart-object adottassero per le transazioni di In-Things Purchase sistemi basati su blockchain.

Lo use case “Cucina ricettiva estesa”

Si dia il caso che il proprietario di una cucina in cui è installato un oggetto intelligente, volendo invitare degli amici a cena di cui conosce il paese di origine, sia interessato a preparare alcune pietanze tipiche del luogo natio dei propri convitati. Il nostro ospite non conosce né quali siano i piatti potenzialmente apprezzabili dai suoi amici (non conosce le tradizioni dei paesi di provenienza), né come si preparino e, ovviamente, neppure quali ingredienti dovrà acquistare per la realizzazione.

Lo smart-object è programmato per sbloccare alcune funzionalità (Extra Services) che saranno fruite temporaneamente (Temporary Purchase), finalizzate a offrire un supporto consulenziale in materia culinaria che definiremo di “base”, con ciò intendendo non personalizzabili sulla base di specifiche richieste.

Il servizio di base che sarà sbloccato dal nostro cuoco, gli consentirà di accedere a un marketplace di servizi dal quale, in autonomia e sulla base delle preferenze raccolte tramite un assistente vocale (anch’esso presente nella cucina), saranno rinvenute e acquistate le principali ricette tipiche dei paesi di origine dei suoi amici.

Il frigorifero, nonché la credenza del nostro novello chef, sono anch’essi dotati di oggetti intelligenti e, allorquando online, apprenderanno della necessità di verificare se vi siano provviste sufficienti (in quantità e di qualità) per la preparazione delle pietanze descritte nelle ricette acquistate.  Laddove, all’esito di tali verifiche, realizzassero una o più carenze, ordineranno automaticamente gli ingredienti su un altro marketplace, risolvendo così il problema dell’approvvigionamento.

Ma non finisce qui. Il nostro abita in una casa in cui l’impianto di diffusione sonora è dotato di smart-object interconnessi con piattaforme di streaming musicale che sono equipaggiati di sensori di prossimità (ad esempio beacon). Conoscendo i nomi (o i loro profili social) degli invitati, l’ospite dialoga con l’assistente vocale (il medesimo mediante il quale interagiva con il bot “consulente culinario”) a conclusione dell’acquisto delle ricette e, prima di congedarsi, chiede che al loro arrivo sia creato un clima molto accogliente.

Ecco dunque che gli oggetti intelligenti dell’apparato di riproduzione sonora, nel momento in cui intercetteranno l’arrivo degli ospiti (mediante i sensori di prossimità) acquisteranno brani di atmosfere tipiche dei luoghi natii dei convitati, sbloccando una funzionalità Extra-service che, con riferimento alla matrice in Fig.2., configura una transazione di One-off purchase.

Lo use case potrebbe estendersi ulteriormente, ma fermiamoci qua, per il momento, e analizziamo quello che accade nel dialogo tra gli smart-object elencati e i diversi service provider, ipotizzando di usare per le transazioni di In-Thingd Purchase le tecnologie che stiamo descrivendo in questo articolo.

Le interazioni fra oggetti intelligenti e i service provider avvengono tramite blockchain mediante cui vengono assolti, efficientandone i processi sottostanti, i seguenti compiti:

  1. identificazione e autenticazione degli oggetti (tramite token);
  2. esecuzione di smart contract che permettono di controllare in autonomia le diverse action:
    a.  accesso al bot consulente culinario;
    b.  acquisto per un periodo di 24 ore del servizio aggiuntivo “consulente culinario” in versione  “base”;
    c.  individuazione della necessità di sincronizzare l’assistente vocale;
    d.  recupero delle corrette ricette presenti sul marketplace;
    e. acquisto delle ricette selezionate;
    f.  individuazione della necessità di sincronizzarsi sulle action avviate dagli smart-object del frigorifero e della credenza;
    g.  verifica della necessità di approvvigionamento degli ingredienti;
    h.  recupero degli ingredienti da ordinare;
    i.  ordine degli ingredienti;
    j.  acquisto degli ingredienti;
    k.  individuazione della necessità di sincronizzarsi sulle action avviate dagli smart-object dell’impianto di diffusione sonora;
    l.  sincronizzazione con i sensori di prossimità dell’impianto di diffusione sonora nel momento in cui gli invitati arrivano nell’appartamento;
    m.  recupero della compilation musicale idonea;
    n.  acquisto della compilation.

Con riferimento alla lista delle action di cui al punto 2, avremo:

  • l’impiego di token di pagamento per i punti b, e, j, n;
  • l’impiego di Oracoli per i punti c, g, l.

Verso lo Smart Embedded Commerce

Un’ulteriore estensione del concetto di Embedded Commerce, fortemente abilitato dall’adozione della blockchain e dell’Intelligenza Artificiale. In queste successive righe, comprenderemo come sia possibile traguardare quegli scenari di sviluppo della prosumer economy e della sharing economy che avevamo anticipato all’inizio dell’articolo.

In un’economia decentralizzata quale è quella che si viene a delineare con l’impiego della blockchain e degli smart contract, è opportuno chiedersi come l’Intelligenza Artificiale possa contribuire (ed essere a propria volta contribuita).

Riprendiamo dunque l’esempio che abbiamo proposto della “Cucina ricettiva estesa” e dei diversi servizi che possono attivarsi (o sbloccarsi) come funzionalità aggiuntive o estensive dell’oggetto. Laddove abbiamo parlato di marketplace (quello delle ricette, degli ingredienti e dei brani musicali) abbiamo sempre assunto la presenza di una entità centrale che, nell’esercizio del proprio oggetto sociale, ha svolto l’attività imprenditoriale per cui è stata costituita.

Orbene, grazie alla governance decentralizzata tipica delle blockchain, possiamo assumere che la piattaforma di marketplace sia parimenti decentralizzata, ovvero costituisca ciò che più comunemente viene definito un marketplace decentralizzato, dove la domanda e l’offerta si incontrano autonomamente, lasciando che l’esecuzione della transazione commerciale (e del pagamento) avvenga nel rispetto di una mera esecuzione di un framework di smart contract cui è stato attribuito valore legale (il c.d. legal enforcement degli smart contract su cui si sta, non solo nel nostro paese, dibattendo).

Ne consegue che, in uno scenario di questo tipo, non è più necessario l’owner della piattaforma che, in una realtà centralizzata, offrirebbe il trust. Proprio in virtù della decentralizzazione delle blockchain si potrebbe fare a meno di un intermediario e, abilitando un trading che potrebbe agevolmente intercettare la “coda lunga”[4], si darebbe ulteriore impulso alla prosumer economy, implementando un modello commerciale democraticamente innovativo di “smart sharing economy”.

Ma torniamo ai nostri oggetti intelligenti e, sulla scorta delle precedenti riflessioni, possiamo ora comprendere come ci manchi ancora un anello per chiudere il cerchio di quello che, ad opinione di chi scrive, potrebbe chiamarsi “Smart Embedded Commerce”: l’Intelligenza Artificiale.

Il nostro marketplace decentralizzato, infatti, per poter operare in modo anche autonomo[5] e interagire con oggetti intelligenti, dovrà con questi dialogare non già come abbiamo descritto nello use case della “Cucina ricettiva estesa”, ossia direttamente tramite oracoli e smart contract, bensì tramite “agenti” di IA in grado gestire e raccogliere migliaia di informazioni (dati) provenienti dagli smart-object disseminati nel nostro pianeta.

In questa logica potremo avere lo sviluppo di un’autentica economia degli oggetti, all’interno della quale vengono: regolate carenze e surplus informative, abilitate transazioni commerciali (anche di compensazione), gestiti i pagamenti.

Quale blockchain per lo Smart Embedded Commerce

Ci avviamo a conclusione di questo articolo congedandoci dal lettore non senza prima un’ultima considerazione in merito a quale tipologia di blockchain potrebbe essere utile allo Smart Embedded Commerce. Non dovrà sorprendere, ma la blockchain che, a parer di chi scrive, è più idonea non è una blockchain!

IOTA, parliamo di questa “non-blockchain”. L’assonanza con il termine IoT (Internet-of-Things) è piuttosto evidente. Questi dispositivi – come abbiamo alluso più volte nelle precedenti dissertazioni – non sono sfruttati appieno nella loro straordinaria potenza, poiché restano molto spesso inattivi (pur mantenendo aperta la connessione alla rete) e prestano il loro servizio solo nei momenti che coincidono con il verificarsi di particolari eventi.

L’idea di chi ha progettato IOTA[6] nasce proprio da una considerazione economica degli oggetti, o meglio, dell’economia degli oggetti: rendere disponibile il surplus inutilizzato a chiunque ne abbia necessità. In tal modo, gli oggetti interconnessi diventano una sorta di backbone in grado di servire coloro che, per scopi diversi, hanno l’esigenza di comunicare, di interagire e, perché no, di scambiare valore.

Dobbiamo immaginarci IOTA proprio come una specie di marketplace distribuito e decentralizzato dove chiunque può accedere acquistando servizi di interscambio, sfruttando così una rete di dispositivi che può essere remunerata. Remunerazione è un termine che abbiamo già abbondantemente assimilato nella lettura di questo contributo (anche nella prima parte) e, per quanto “smart” possano essere questi terminali IoT, ben difficilmente possiamo immaginare che accetteranno i Bitcoin; men che meno potranno pensare di riuscire a minare le transazioni in qualsiasi altra criptovaluta, perché gli sforzi richiesti da qualsiasi protocollo di consenso distribuito non consentirebbero loro alcuna chance. Ed è qui che l’intuizione del creatore di IOTA si sviluppa. Invece di pensare a un sistema di basato su algoritmi ad alto consumo di risorse, pur mantenendo valido il concetto di consenso distribuito, nasce il Tangle.

Basato su un protocollo software a grafici aciclici diretti, con il Tangle le transazioni vengono processate in parallelo; ciò consente a IOTA di scalare in maniera direttamente proporzionale alla crescita del network. IOTA usa firme crittografiche Hash-based anziché crittografia a curva ellittica (come quelle impiegate per i Bitcoin), che offrono maggior velocità e semplicità nella verifica dei dati, riducendo la complessità del Tangle e azzerando qualsiasi costo di gestione delle varie azioni.

Gli scenari che abbiamo raccontato in questo servizio (per ragioni editoriali suddiviso in due parti), arridono a un futuro che, seppure in nuce, lascia già intravedere traiettorie di innovazione ad alto impatto economico, sociale e organizzativo. La strada da percorrere non è breve né semplice, e molte sono le “attenzioni” che dovranno essere riposte (in primis quella relativa alla regolamentazione), tuttavia, è opportuno (se non lecito) auspicare un atteggiamento da parte dei governi e delle istituzioni il più possibile affrancato da logiche protezionistiche e, come chi scrive ebbe a dire al riguardo della blockchain ormai più di tre anni fa[7]occorre (…) che la progressiva affermazione dei nuovi modelli descritti, sia il più possibile immune dai rischi di una mancanza d’interoperabilità (sovente dipendente dall’imposizione di modelli di business che favoriscono il lockin); l’efficacia di questo “antidoto” chiama, a mio avviso, il legislatore, nell’estensione di norme procompetitive, o meglio, di nuove ‘conduct of business rules’.”.

Bibbliografia e sitografia

NOTE


[1] Le definizioni di Smart Contract e la spiegazione dei medesimi è ripresa dal libro “Tutto su blockchain” di R. Garavaglia, Hopeli editore, aprile 2018.

[2] Gli Oracoli sono dei meccanismi che permettono di rendere disponibili nella blockchain informazioni provenienti dal mondo esterno in maniera affidabile e credibile

[3] A titolo esemplificativo, per poter consentire il libero lo scambio di token fra smart-object è necessario stabilire contrattualmente che la transazione abbia il potere di estinguere le obbligazioni pecuniarie sottostanti (potere che è attributo per legge alla sola valuta fiat) tra le parti che liberamente la accettano.

[4] L’espressione coda lunga (The Long Tail) viene coniata nel 2004 da Chris Anderson per descrivere un modello economico e commerciale nel quale i ricavi vengono ottenuti non solo con la vendita di molte unità di pochi oggetti (i best seller), ma anche vendendo pochissime unità di tantissimi oggetti diversi.

[5] Si noti a questo proposito che l’organizzazione di un marketplace siffatto (o meglio, la governance di un tale soggetto) deve potersi realizzare con una DAO Decentalized Autonomous Organization.

[6] L’ideatore di IOTA è il programmatore David Sønstebø.

[7]E-payment alla prova criptovalute, i vantaggi della blockchain”, R. Garavaglia, Cor.Com, 11 settembre 2015

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