Dopo anni di ritardi, discussioni e sperimentazioni frenetiche, mercoledì 14 settembre 2022 la popolare piattaforma di criptovalute Ethereum ha completato un aggiornamento software a lungo atteso noto come “Merge” (fusione), passando a un quadro infrastrutturale più sostenibile dal punto di vista ambientale.
L’impatto di questa transizione informatica è tutt’altro che trascurabile: Ethereum è probabilmente la piattaforma più cruciale nel settore delle criptovalute, utilizzando una infrastruttura software che costituisce la base di migliaia di applicazioni che gestiscono oltre 50 miliardi di dollari di fondi dei clienti. L’aggiornamento dovrebbe consentire di ridurre il consumo energetico di Ethereum e preparare il terreno per futuri miglioramenti che renderanno la piattaforma più facile ed economica da utilizzare.
Merge, i dettagli tecnici della fusione
L’esito finale del Merge era tutt’altro che scontato. Molti operatori di settore temevano il verificarsi di eventuali problemi che avrebbero potuto complicare la transizione, essendo a tutti chiaro come un difetto nel Merge avrebbe potuto mettere in pericolo il più ampio settore delle criptovalute, provocando il collasso economico-finanziario delle molte start-up operanti nel settore delle criptovalute e mandando di conseguenza il mercato in tilt. Basti pensare che ancora ad agosto del 2022, l’Exchange Coinbase aveva annunciato che avrebbe disposto il “congelamento” di alcuni depositi e prelievi di Ethereum durante il Merge come misura precauzionale. Nonostante nelle varie interviste che hanno preceduto il Merge gli sviluppatori di Ethereum si fossero professati ottimisti dichiarando di essersi preparati al verificarsi di possibili disfunzioni, i rischi connessi alla possibilità di un collasso a livello di sistema non erano trascurabili.
I dettagli tecnici della fusione sono incredibilmente complessi. Ma, in definitiva, il processo si riduce a un cambiamento nel modo in cui vengono verificate le transazioni in criptovaluta.
Nella finanza tradizionale, uno scambio di fondi coinvolge un intermediario, come una banca, che verifica che un’entità abbia abbastanza fondi per effettuare un pagamento a un’altra. Le criptovalute sono state progettate proprio per eliminare tali gatekeeper finanziari. Di conseguenza, agli esordi della tecnologia blockchain, i primi ingegneri crittografici hanno dovuto escogitare un sistema alternativo per garantire che gli utenti effettivamente possedessero i fondi che affermavano di avere. La soluzione ideata è stata ribattezzata “proof of work“. Il sistema noto come “proof of work” richiede che su potenti computer siano installati dei software che vengono utilizzati per risolvere problemi complessi, verificando le transazioni nel processo. Il sistema è ornai ampiamente noto come “mining” perché i computer ricevono dei pagamenti in criptovaluta come ricompensa per il servizio di verifica prestato.
Bitcoin, la prima criptovaluta creata in ordine di tempo e forse ancora oggi anche la più nota, basa il proprio meccanismo di funzionamento su un sistema proof of work. E, fino al Merge, così ha fatto Ethereum. Ma il processo è drenante dal punto di vista ambientale: far funzionare tutti quei computer richiede un’enorme quantità di energia.
Cosa consentirà il Merge
Il Merge consentirà a Ethereum di utilizzare invece un sistema di verifica chiamato “proof of stake” che utilizza meno energia. A differenza del “proof of work“, il nuovo framework non comporta una sorta di gara tra potenti computer che consumano enormi quantità di energia. Mediante il sistema “proof of stake” invece, i partecipanti depositano (o “puntano”) una certa quantità dei loro risparmi crittografici in un pool, che a sua volta li inserisce in una lotteria. Ogni volta che una transazione crittografica richiede l’approvazione, viene selezionato un vincitore tra i vari partecipanti inseriti nel pool per verificare lo scambio, e tale partecipante riceve una ricompensa per l’attività di verifica della transazione crittografica effettuata.
È stato stimato che il passaggio di Ethereum alla “proof of stake” ridurrà il suo consumo di energia di oltre il 99%. Inoltre gli sviluppatori del progetto sostengono che il passaggio renderà più facile progettare aggiornamenti futuri che riducano al minimo le cosiddette commissioni sul gas – i costi di esecuzione di una transazione in Ether, la criptovaluta associata alla piattaforma Ethereum.
La migrazione di Ethereum al sistema di verifica delle transazioni “proof of stake” ha richiesto anni di intenso studio e dibattito. Una rete pressoché sterminata di programmatori provenienti da tutto il mondo si sono riuniti per mesi in videochiamate in streaming su YouTube per discutere della complessità del Merge.
Il passaggio alla “proof of stake” ha richiesto così tanto tempo in parte perché ha richiesto la costruzione di una blockchain completamente nuova. La nuova catena, la Beacon Chain, è stata presentata a dicembre 2020, mentre quest’anno sono seguiti una serie di test. Proprio lo scorso 14 settembre, la Beacon Chain si è finalmente combinata con la blockchain originale di Ethereum, a completamento del Merge.
Un primo bilancio del Merge Ethereum
Volendo provare a tracciare un primo bilancio e a formulare una valutazione dell’impatto che la fusione di Ethereum produrrà si possono avanzare le seguenti considerazioni.
- Un primo aspetto positivo da considerare è legato al successo del Merge in sé. Cambiare il cosiddetto meccanismo di consenso di una blockchain – il modo in cui elabora e verifica le nuove transazioni – è sicuramente terribilmente complesso. Prima della fusione, nessuno aveva provato una tale manovra su una piattaforma crittografica paragonabile alle dimensioni di Ethereum, e ci sono voluti anni di test e ricerche (e molti ritardi) perché gli sviluppatori diventassero abbastanza sicuri da tentarne una. Ethereum, che è open source, ospita centinaia di miliardi di dollari di transazioni in criptovaluta, raccolte NFT e protocolli DeFi, che avrebbero potuto essere irrimediabilmente compromessi se la fusione non fosse andata in porto secondo i piani. Teoricamente qualcosa potrebbe ancora rompersi nei prossimi giorni, ma la fusione sembra essere andata liscia come forse neanche i fan più accesi di Ethereum osavano sperare.
- Alto aspetto sicuramente positivo è che la nuova blockchain di Ethereum appare molto più rispettosa dell’ambiente rispetto a quella vecchia. Se, come detto, Ethereum era originariamente protetto da una rete di computer ad alta potenza che competevano l’uno contro l’altro per risolvere enigmi crittografici, bruciando grandi quantità di energia nel processo, ora la nuova blockchain di Ethereum consumerà molta meno energia rispetto a quella vecchia, aiutando i sostenitori del settore a far passare il messaggio che anche la crittografia può essere verde.
- Un terzo effetto positivo potrebbe essere legato al fatto che la fusione possa comportare benefici in termini di valore di Ether, la criptovaluta nativa di Ethereum. Con la vecchia tecnologia blockchain utilizzata da Ethereum il rischio era quello di distruggere o bruciare miliardi di dollari di Ether ogni anno. La nuova blockchain di Ethereum brucerà ancora Ether, ma non ci sarà bisogno di creare molti nuovi Ether per erogare ricompense ai partecipanti. Ciò significa che l’offerta complessiva di Ether potrebbe ridursi, aumentando di conseguenza il valore delle criptovalute Ether esistenti.
Implicazioni ambientaliste del Merge Ethereum
L’approccio più “ambientalista” garantito dal passaggio a un sistema di verifica delle transazioni “proof of stake” ha indotto un certo numero di leader del settore crittografico a esprimere giudizi di cauto ottimismo sul futuro delle criptovalute. Alcuni si sono spinti a sostenere che i regolatori non si opporranno strenuamente a Ethereum 2.0, creando di conseguenza un contesto regolamentare più favorevole alle criptovalute.
Ma forse non è proprio corretto sostenere che l’utilizzo di enormi quantitativi di energia di Ethereum sia stato effettivamente fino ad oggi il più grande ostacolo all’adozione della tecnologia crittografica.
Se è vero che molte persone che si oppongono alla crittografia lo fanno principalmente per ragioni ambientali, altrettanto innegabile è che molte persone sono scettiche sulla crittografia per ragioni che non hanno nulla a che fare con l’energia. Perdite ingenti derivanti da investimenti in società di crittografia poi fallite, complessità dei meccanismi di funzionamento delle tecniche crittografiche e mancanza di un vero e proprio supporto a opera dei governi locali alla diffusione delle valute virtuali, sono solo alcuni dei motivi che hanno ostacolato il pieno sviluppo delle criptovalute.
La sfiducia nelle criptovalute
In questo momento, la più grande minaccia per le criptovalute – almeno negli Stati Uniti – sembra però essere rappresentata dalla sfiducia che le stesse riscuotono presso le autorità incaricate di regolamentare il settore. I regolatori sono infatti preoccupati dal diffondersi di fenomeni quali le stablecoin, gli schemi Ponzi, gli attacchi ransomware sponsorizzati dallo stato e dal numero sempre più elevato di investitori che perdono i loro soldi a causa di schemi di cripto-prestito opachi.
In tal senso, il Merge non contribuisce a risolvere nessuno di questi problemi. E lo stesso, Gary Gensler, il capo della Securities and Exchange Commission, non ha mai menzionato le preoccupazioni ambientali tra i problemi posti dalla diffusione dell’industria crittografica che potrebbero giustificarne una regolamentazione più rigida.
Tra l’altro, la fusione potrebbe anche alimentare tensioni intestine all’interno della comunità cripto, creando un pericoloso solco tra sostenitori di Bitcoin e sostenitori di Ethereum: Bitcoin in tal senso, sembra restio ad abbandonare il proprio sistema “proof of work” per passare a un nuovo meccanismo di consenso, quindi è probabile che il suo consumo di energia rimanga elevato, almeno per il prossimo futuro.
Inoltre, poiché caratterizzato da investitori che puntano grandi pool di Ether, piuttosto che da reti di computer per la risoluzione di enigmi, il nuovo Ethereum basato sul sistema “proof of stake” potrebbe anche aumentare la centralizzazione complessiva dell’industria crittografica, dando più potere a grandi aziende e potenzialmente rendendo più facile per i governi reprimere Ethereum stesso, facendo pressione su quelle aziende per censurare determinate transazioni.
Conclusioni
Il 2022 rischia di passare alla storia come l’anno nero delle criptovalute, dal momento che si è assistito a un devastante crollo del mercato che ha finito con il drenare quasi 1 trilione di dollari di risorse dal settore, costringendo alcune importanti società crittografiche alla bancarotta. Ma forse la data del 14 settembre 2022 può segnare un punto di svolta in positivo, restituendo fiducia ed ottimismo ai sostenitori delle criptovalute e, più in generale, a coloro che si battono per l’affermazione di una finanza sempre più lontana dagli schemi tradizionali e decentralizzata.
Se dunque il Merge Ethereum sotto un profilo tecnologico è stato un grande successo, nonché un vantaggio per l’ambiente e anche la migliore testimonianza del potere dello sviluppo cooperativo open source, è innegabile che le criptovalute avranno bisogno di qualcosa di più di una fusione di successo per garantirsi un futuro roseo. Evitare, per quanto possibile, episodi come quelli recenti di Terra e Luna, Celsius e Tornado Cash, o più in generale crolli repentini del mercato, restituendo fiducia e soprattutto salvaguardando i risparmi degli investitori, sembrerebbe in tal senso un passaggio obbligato.