Roberto Garavaglia
Ne avevamo già parlato su PagamentiDigitali un paio di settimane fa: oggi è realtà.
Il Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, ha emanato un provvedimento[1] che dà attuazione a quanto disposto dal Decreto “Sviluppo-bis” di ottobre 2012. Il decreto pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale[2], ma che vigerà solo fra 60 giorni, dispone le regole di accettazione obbligatoria delle carte di debito, come modalità di pagamento per l’acquisto di beni, servizi e prestazioni professionali, di importo superiore ai 30 euro.
In sede di prima applicazione ed al fine di individuare criteri di gradualità e sostenibilità per la completa entrata in vigore della norma, fino al 30 giugno 2014 l’obbligo si applica solo ai pagamenti effettuati a favore di esercenti, il cui fatturato dell’anno precedente sia superiore a 200 mila euro. Un successivo decreto, da emanarsi entro novanta giorni, potrà individuare nuove soglie e limiti minimi di fatturato, così come estendere l’obbligo a ulteriori strumenti di pagamento elettronici, anche con tecnologie mobili.
Si osservano alcuni punti di particolare rilievo, che afferiscono sia la definizione di “carta di debito” sia la problematica delle commissioni applicate ai pagamenti.
Con “carta di debito” il provvedimento riferisce ad uno “strumento di pagamento che consente al titolare di effettuare transazioni presso un esercente abilitato all’accettazione della medesima carta, emessa da un istituto di credito, previo deposito di fondi in via anticipata da parte dell’utilizzatore, che non finanzia l’acquisto ma consente l’addebito in tempo reale”.
Da ciò si evince che l’ambito oggettivo di applicazione, può estendersi unicamente a carte di debito domestiche (come il PagoBancomat) o internazionali (come Maestro o V-Pay, ad esempio), oppure alle carte prepagate e non ricomprendere le carte di credito di alcun tipo.
Questa “limitazione” fa, in prima battuta, emergere alcune potenziali complessità, sul fronte dell’effettiva accettazione dello strumento di pagamento, laddove l’esercente (o il professionista) dovrà necessariamente avere contezza della tipologia di carta che l’acquirente andrà porgendogli (“carta o bancomat?” … e riecheggia il quesito che, ormai da sempre, si sente postulare al momento del pagamento!).
Per quanto attiene il tema commissioni, è lecito porsi un interrogativo sullo status del decreto c.d. “Merchant fee” (previsto dal Decreto “Salva Italia”[3]), la cui prima bozza risale al 14 dicembre 2012[4], che avrebbe inteso proporre specifiche regole in merito all’applicazione delle fee per l’accettazione dei pagamenti con carte, un decreto, ad oggi in cui scriviamo questo articolo, per cui nulla di definitivo sembra essersi dato … (ma, ricordiamo, il provvedimento in parola entrerà in vigore fra sessanta giorni, una vacatio legis di cui è opportuno considerare gli effetti).
NOTE
[1] Il provvedimento interministeriale, che da attuazione alle previsioni dell’articolo 15, commi 4 e 5, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (c.d. “Sviluppo-bis”), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ha acquisito il parere della Banca d’Italia, espresso con nota n. 0019233/14 del 9 gennaio 2014 ed è stato emanato il 24 gennaio 2014
[2] GU Serie Generale n.21 del 27/1/2014
[3] Decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214
[4] Al fine di conseguire obiettivi di maggiore efficienza e riduzione delle commissioni, la proposta di decreto mira a potenziare in particolare i vincoli di trasparenza, limitando il c.d. “blending”, aumentando la possibilità di confronto sia delle commissioni finali (ossia quelle pagate dall’esercente, altresì note con il termine MSC –Merchant Service Charge) sia di quelle interbancarie (ossia le MIF), prevedendo tariffazioni allineate alle economie di scala e tese a rendere più convenienti anche i micro-pagamenti