Spinte dalla concorrenza dei big del mondo digitale e delle fintech, sollecitate dai consumatori che sono sempre più alla ricerca di esperienze semplici e intuitive, ma anche abilitate dalle più moderne infrastrutture di comunicazione e sostenute da un sistemati regole che va modernizzandosi, le banche sono oggi chiamate a considerare a fondo la possibilità di trasformarsi e modernizzarsi per cogliere le nuove opportunità business offerte dall’innovazione e rafforzare la propria posizione in un campo in cui la petizione è sempre più serrata.
Per esplorare questo scenario Deloitte ha dato vita nei giorni scorsi all’evento “Open Banking e API Economy – La Banca del futuro2”, illustrando il proprio punto di vista e la propria proposta, che vede nell’open banking un fattore fondamentale per la trasformazione.
Cos’è l’open banking
Con Open Banking – secondo la lettura di Deloitte – si intende un framework rispetto al quale i consumatori hanno il diritto di condividere il contenuto delle proprie informazioni bancarie con terze parti, che abilita nuovi modelli di business i quali espandono la generazione e la distribuzione del valore superando value chain integrate verticalmente con ecosistemi esterni. “L’apertura dei dati bancari, il cosiddetto “Access to Account”, è destinato secondo Deloitte a portare impatti rilevanti nel banking, determinando con elevata probabilità il disaccoppiamento fra design e gestione dei prodotti da un lato e la distribuzione degli stessi dall’altro.
I fattori abilitanti
Se l’open banking si sta affermando con sempre maggiore forza, questo accade perché ci sono alcuni fattori abilitanti che ne favoriscono la diffusione. A partire dagli impianti regolatori e dagli interventi, come nel caso della Psd2, o delle iniziative che mirano alla definizione di standard per il settore, sia nel campo dell’integrazione sia in quello della sicurezza a spiegare l’ascesa del fenomeno c’è anche la disponibilità di infrastrutture IT sempre più moderne, e il fatto che gli utenti mostrino ormai chiaramente la propria predisposizione a cambiare le abitudini consolidate per rivolgersi a servizi che privilegino la semplicità della user experience. Una dinamica innescata e accelerata anche dalla presenza sul mercato dei big dell’online, delle fintech e di una serie di startup emergenti e delle banche “pure digital”.
I quattro modelli operativi
Tra i quattro principali modelli operativi individuati da Deloitte per il settore c’è quello dell’Utility, che si orienta a fornire servizi standard prevalentemente riconducibili alla piattaforma informatica ad alta efficienza e affidabilità. Poi c’è quello della cosiddetta Product Factory, che si propone di competere fornendo prodotti/servizi di qualità ed efficienti attraverso distributori di terze parti, in grado di fornire l’accesso a nuovi mercati o segmenti di mercato e piattaforme di competitor, sia attraverso il proprio brand che in white labelling. Il modello dell’Aggregatore, si pone l’obiettivo di trarre il massimo vantaggio dalla fidelizzazione del cliente, e investe su canali, consulenza e servizio, per distribuire prodotti e servizi di provider diversi. Il quarto modello operativo è quello della “piattaforma”, che vuole valorizzare la relazione con il cliente grazie ad una combinazione di prodotti proprietari e terzi, privilegiando la parte di engagement a quella di processing.
Una combinazione dei quattro modelli adattata alle singole esigenze sarà probabilmente la ricetta vincente, passando dal modello “product-centric” a quello“customer-centric”, che potrebbe anche consentire alle banche di uscire dal proprio principale mercato riferimento per servire bisogni “adiacenti” dei propri clienti.
Gli elementi di novità
Dal proprio osservatorio Globale Deloitte delinea un quadro delle principali novità nel settore, partendo dal fatto che i confini tra i mercati si stanno facendo con il trascorrere del tempo sempre più labili, per lasciare spazio a un unico macro-mercato. A fianco di questo fenomeno c’è quello di un ecosistema sempre più orientato alla collaboration, con le banche che accettano di condividere con terze parti le informazioni sui propri clienti, nella logica di sharing che contraddistingue questi nuovi modelli di business, abilità sempre più spesso da piattaforma digitali. In sostanza il vantaggio competitivo si basa sul “know-where”, cioè sulla conoscenza di dove sono collocati gli attori in grado di contribuire alla generazione del valore della banca.
La vision di Deloitte
Secondo la lettura di Deloitte le banche dovranno integrare le loro strategie per cogliere le opportunità derivanti dall’Open Banking. “In particolare – spiega la società – è indispensabile sviluppare la propria visione, definendo il proprio posizionamento, i modelli operativi che si intendono adottare, le modalità con cui si intendono ingaggiare i partner di un ecosistema da costruire o estendere”.
La value proposition potrà essere arricchita, prosegue l’analisi, andando incontro ai bisogni espressi e non espressi, finanziari e non finanziari della propria base clienti o di target oggi non raggiunti. Quanto all’architettura applicativa e all’infrastruttura, dovrà essere disegnata in logica open e sicura, facendo leva su enaber tecnologici in grado di far evolvere user experience del cliente e modelli di business.