Dall’11 al 13 febbraio si è svolta l’edizione 2020 di Finovate Europe. L’evento, che si è tenuto per la prima volta a Berlino, è uno dei più importanti in ambito Fintech a livello mondiale e riunisce ogni anno dal 2007 centinaia di esperti del settore e aziende in cerca di innovazione e opportunità.
All’evento abbiamo avuto il piacere di parlare con Leon Muis, esperto in Open Banking e PSD2 e Chief Business Officer di YTS (Yolt Technology Services), uno dei principali Open Banking provider in Europa che offre servizi di disposizione di ordine di pagamento, servizi di informazione sui conti e servizi di Data Enrichment ad istituti finanziari e imprese in ambito tecnologico.
Cosa ne pensa dell’evoluzione dell’Open Banking in Open Finance?
“L’Open Banking è un bene, è l’inizio di un trend che si muoverà sempre più verso l’Open Finance, oltre ai conti correnti includerà infatti anche i conti d’investimento, i mutui e i prestiti. Questa transizione ci porterà a sua volta all’Open Data (l’apertura di tutte le tipologie di dati tra tutti i settori, ndr). La PSD2 e l’Open Banking sono stati un punto di partenza e hanno tracciato una direzione”.
“Ci sono sempre più aziende che iniziano a fornire servizi finanziari, anche aziende che sono newcomer nel mondo finanziario – come Retailers, Utilities, Automotive, e molte altre. Uber, per esempio, è una compagnia di taxi che offre anche conti bancari ai propri autisti e in questo modo si trasforma in una azienda di servizi finanziari. Inoltre, in questo modo fidelizza gli autisti, che così diventano anche suoi clienti, e realizza margini su questi prodotti finanziari. Quindi penso che vedremo sempre più aziende offrire questo tipo di prodotti e servizi”.
Il settore Finance è fortemente regolamentato. Tutte le aziende, anche quelle non finanziarie, necessiteranno di autorizzazioni?
“Ad oggi le autorizzazioni sono necessarie per operare in vari ambiti, come ad esempio le disposizioni di ordine di pagamento, in quanto sono attività regolate dalla Direttiva sui servizi di pagamento. Molte aziende, però, non richiedono subito un’autorizzazione: prima vogliono valutare se il proprio modello di business funzioni, quindi decidono di appoggiarsi ad altri istituti, come ad esempio piattaforme di Open Finance, che hanno già quelle autorizzazioni; se poi il modello funziona, valutano se dotarsi di una propria autorizzazione, altrimenti sarebbe una grande perdita di tempo e denaro”.
Quale effetto vedete dalla Brexit sui servizi finanziari? E sulle piattaforme di Open Finance come voi?
“Con ING siamo operativi nel Regno Unito, così come in Francia e in Italia, e al momento stiamo utilizzando l’autorizzazione di ING che viene “passaportata” dai Paesi Bassi al Regno Unito. Se dopo la Brexit questa operazione non sarà più possibile, dovremo dotarci di una autorizzazione sia in Europa che nel Regno Unito. Ma per il momento siamo in un regime di transizione e possiamo continuare ad operare in questo modo. La Brexit potrebbe anche costituire un’opportunità per noi, dal momento che molti fornitori di servizi finanziari stanno lasciando il Regno Unito, come ad esempio N26”.