Di Open Banking si parla tantissimo, talvolta anche a sproposito.
Ma quanto davvero questo tema è cruciale per gli attori del mondo bancario?
Indubbiamente per un lungo periodo le banche hanno considerato l’Open Banking solamente come un obbligo di compliance, da indirizzare principalmente sotto il profilo legale e con adeguamenti ridotti al minimo indispensabile.
La stessa iniziativa CBI Globe ha in qualche modo contribuito a rassicurare le banche che si potesse ridurre l’impatto grazie alla disponibilità di un’infrastruttura “di sistema”.
Con l’avvicinarsi della deadline di obbligo di pubblicazione delle API verso i TPP (settembre dello scorso anno) si è invece creata in molti istituti la consapevolezza delle reali opportunità e al tempo stesso minacce introdotte dalla normativa.
Che in questa fase, però, sono forse più teoriche che reali, come mette in evidenza Massimiliano Quattrocchi, Senior Vice President – Global Payments (TAS Group): “Il panorama dell’open banking è ancora troppo frammentato e privo di standard per indurre operatori OTP ad agire in autonomia anziché in partnership con le banche maggiori, come già stanno facendo.
È altresì presto però per poter individuare nel mercato bancario delle strategie ben identificate: anche gli operatori meglio posizionati cercano di costruire proposizioni che si possano velocemente adattare alla situazione in continua evoluzione del contesto domestico ed europeo”.
Tas Global Payments: semplificare l’interazione tra Terze Parti e Banche
Un giudizio che arriva da un operatore con una profonda esperienza in questo campo: TAS è presente da oltre 35 anni nelle maggiori Banche italiane con le proprie piattaforme collocate nel cuore dei sistemi di pagamento, dunque con una profonda conoscenza dei sistemi legacy dei clienti, che in questi anni sta accompagnando verso una maggiore modernizzazione, capitalizzando una conoscenza del dominio applicativo e del quadro normativo. “La nostra mission in ambito PSD2 è quella di creare e offrire componenti di semplificazione dell’interazione tra Terze Parti e Banche, offrendo un middleware “standard like” volto ad armonizzare e standardizzare le interfacce di colloquio TPP-ASPSP. La normativa e i regolamenti tecnici associati, infatti, non hanno definito in maniera univoca uno schema di colloquio web, lasciando libertà a iniziative di mercato che per forza di cose hanno prodotto frammentazione e disomogeneità delle interfacce API”, puntualizza Quattrocchi.
La suite di Global Payments offre ad esempio un modulo di Key management system per i certificati EIDAS delle TTP e uno SCA Manager che consente alle terze parti (AISP/PISP/CISP) di uniformare il customer journey dei propri utenti nonostante l’elevata disomogeneità delle SCA proprie di ogni singola Banca di radicamento del conto (ASPSP). Global Payments mette inoltre a disposizione dei tool di test ed un simulatore delle sandbox delle diverse Banche ASPSP, rendendo più rapido e semplice l’interfacciamento di una TPP alla pluralità di Banche e Gateway operanti sul mercato sia domestico, che internazionale. Su quest’ultimo fronte, l’obiettivo è abilitare in progressione ASPSP internazionali che hanno una certa presa anche sul mercato italiano, come ad esempio N26, Revolut, Amex e Santander. “Per agevolare l’aggregazione e l’insight sui dati del cliente offriamo inoltre un modulo di armonizzazione delle causali dei movimenti di conto, potenziato da motori predittivi che abbiamo messo a punto grazie alle competenze della nostra fintech Mantica, la società specializzata in AI e Machine Learning che abbiamo acquisito nel Gruppo l’anno scorso”, spiega Quattrocchi.
Focus su interoperabilità e reach
Nell’ottica di Global Payments interoperabilità e il “reach” sono fattori essenziali per il decollo dell’open banking, ma la natura deliberatamente “technology-neutral” del quadro normativo ha favorito il proliferare di standard e di “dialetti” all’interno degli stessi standard sul mercato.
Per un attore bancario diventa perciò cruciale fare affidamento su piattaforme che garantiscano l’interoperabilità delle varie soluzioni di open banking e la semplicità di integrazione di nuovi servizi da offrire ad una customer base ampia e, quindi, con alto potenziale di scalabilità.
Mettere in atto un progetto di Open Banking così concepito, come si può immaginare, non è per nulla semplice: “Considerata la natura così articolata della materia, sono necessarie competenze sempre più trasversali nel team di progetto. Non bastano i consueti tecnici, occorrono capacità di comprensione di temi legali (analizzare normativa, capire i diritti delle diverse parti), capacità relazionali (sapere stabilire rapporti di collaborazione con controparti che non sono né clienti né fornitori, ma soltanto attori nella regia complessiva dei servizi che si vogliono realizzare), avere in sostanza skill cross-funzionali. È d’obbligo quindi potenziare i team di sviluppo con figure più trasversali, o avere modo di far crescere le risorse interne in tal senso; il processo classico di progettazione, sviluppo, testing e delivery del software in determinate circostanze risulta inadeguato all’open banking payment revolution. Le persone devono saper possedere spunti di business, tecnologici, normativi, ma anche e soprattutto sapersi porre interrogativi di natura prospettica, pensare alla luce di una prospettiva evolutiva che può subire accelerazioni impreviste”.
I tempi di un progetto di Open Banking
Ma quanto tempo occorre per affrontare un progetto di Open Banking e renderlo profittevole? “Molto dipende dal perimetro di interesse del cliente, nonché dall’ambito di provenienza del Cliente (PSP oppure attore non bancario che intende entrare nella filiera); per i primi si parla tendenzialmente di pochi mesi, mentre per i new entrant del mondo non banking il processo è sicuramente più lento da comprendere e assimilare, tenendo conto anche dei requisiti normativi propedeutici che devono essere rispettati”, mette in luce il manager di Global Payments. Più difficile, invece, è il calcolo di un vero e proprio payback time: come per qualsiasi progetto anche nel caso dell’Open Banking ogni operatore ha necessità di giustificare i propri investimenti. A rendere ancor più sfidante le previsioni non va dimenticato l’impatto potenziale a carico della pandemia in corso. Ci sono però altri fattori che entrano in gioco, quali l’obbligatorietà della compliance e la protezione dalla disintermediazione di potenziali new entrant e competitor.