Il FinTech non è soltanto blockchain e cryptovalute, ma una serie di servizi innovativi per le imprese e i cittadini che può contribuire in modo decisivo alla trasformazione digitale del Paese, portando semplicità e agilità nel campo dei servizi finanziari, spingendo le banche tradizionali da una parte a competere e dall’altra a collaborare con i nuovi player del settore, a tutto vantaggio di clienti e utenti finali. Se ne parlerà oggi è domani a “FintechInnovation”, la due giorni organizzata all’auditorium Parco della Musica di Roma da Innovacamera, la società della Camera di commercio di Roma che organizza MakerFaireRome. Proprio in vista dell’edizione 2018 del salone dedicato ai maker e alle soluzioni innovative per la manifattura, FinTech innovation è una delle tappe di avvicinamento alla manifestazione in programma dal 12 al 14 ottobre, con una due giorni di conferenze, talk, speech e formazione. A fare gli onori di casa all’apertura della manifestazione Massimiliano Colella, dg di Innovacamera, che nel suo benvenuto ha evidenziato come FintechInnovation sia il primo di una serie di appuntamenti incentrati sull’innovazzione in programma fino a ottobre.
Un nuovo rapporto tra i piccoli imprenditori e il mondo del credito
La conferenza d’apertura è stata dedicata al ruolo delle FinTech nello sviluppo del Paese e moderata da Alessandro Collesano, financial advisor e indipendent business consultant con più di venti anni di esperienza, oltre che startup advisor e mentor.
“Dopo il periodo di crisi attraversato negli ultimi anni – afferma Lorenzo Tagliavanti (nella foto a fianco), presidente della Camera di Commercio di Roma – oggi il rapporto tra i piccoli imprenditori e il mondo del credito deve rinascere con nuova forza e su nuove basi, perché il cambiamento della finanza ha grande impatto sul cambiamento dell’economia. È necessaria un’intermediazione più efficiente, efficace e moderna. E la Camera di commercio deve accompagnare il sistema italiano verso l’innovazione: siamo in ritardo e non possiamo rimanerci, per non rendere il gap incolmabile”
“Le banche – sottolinea Rossella Macinante, practice leader e project manager in NetConsulting cube – attraversano un momento di sfide e trasformazione, dove è il cliente, con le sue esigenze, a guidare il cambiamento. Il modello diventa multicanale, e i canali digitali acquistano un’importanza crescente. In questo quadro di accelerazione della digital transformation per le banche, le FinTech portano agilità nella rigidità: un processo che in molti Paesi è già in fase avanzata, con il connubio banche-FinTech, che dà vita a servizi agili e user friendlyi. Per le imprese i vantaggi si concretizzano, ad esempio, in una maggiore facilità per l’accesso al credito rispetto ai servizi finanziari tradizionali”.
Quanto al microcosmo italiano, sul FinTech “ci sono idee brillanti ma investimenti non adeguati – sottolinea Macinante – Anche per questo molti italiani fondano startup in Uk”. Altro tema importante è lo skill gap: “Serve comunicazione a livello scolastico e universitario per far comprendere le opportunità legate al mondo del digitale in senso ampio”, aggiunge.
Il ruolo del FinTech in un mercato che cambia
Per ItaliaFintech ha partecipato alla conferenza Ignazio Rocco di Torrepadula, founder e Ceo di Credimi: “FinTech è sinonimo di accessibilità e semplicità – afferma – Il FinTech serve a semplificare la vita, a rendere la finanza più semplice, più comprensibile, più accessibile e più veloce. Questo settore può avere un impatto forte su cinque milioni di aziende, contribuendo alla creazione di nuovi posti di lavoro. Per fare un esempio, a ItaliaFintech partecipano 21imprese e più di un migliaio di persone, che gestiscono più di 400mila utenti. Si tratta di posti di lavoro qualificati, i posti di lavoro finanziari del futuro. Inoltre grazie al FinTech si creano servizi che prima non esistevano”. Di certo però l’Italia è ancora indietro rispetto ad altri Paesi: “Londra conta su un miliardo di investimenti in FinTech, per una creazione di 10mila posti di lavoro in un anno – spiega Rocco di Torrepadula – Parigi su 300 milioni, l’Italia su 30. Sono numeri che dimostrano che siamo indietro e servono interventi urgenti – sottolinea – Le competenze non mancano, gli sviluppatori italiani sono spesso di ottimo livello, le competenze bancarie ci sono, anche di livello internazionale. Da sviluppare c’è la consapevolezza che il risparmio italiano dovrebbe confluire di più nell’innovazione: è sempre più necessario trovare canali che facciano affluire miliardi di euro, non milioni, su questo settore, altrimenti il Paese non si muoverà mai”. Ma cosa frena lo sviluppo del settore in Italia? “Con i regolatori inglesi i tempi sono 10 volte più veloci che nell’Ue e in Italia”, conclude Rocco di Torrepadula.
FinTech e banche, non in contrapposizione ma in ecosistema
Sbagliato, secondo Roberto Nicastro, ex dg del gruppo Unicredit e oggi angel investor nel settore FinTech, chairman di Rnk e advisor Europa per Cerberus Capital, private equity globale specializzato nel settore bancario-finanziario, mettere in contrapposizione banche e FinTech: “Il FinTech è un’opportunità per l’ecosistema del credito e della finanza italiana – afferma – Grazie a questi servizi innovativi infatti le piccole medie imprese si emancipano nei confronti del fornitore di servizi, che sia banca o no, ricucendo il gap rispetto alle grandi imprese nell’accesso ai servizi finanziari. Si tratta inoltre – prosegue – di un’opportunità di investimento anche per le banche: spesso sviluppare l’innovazione in casa può essere sbagliato, come ha dimostrato il settore farmaceutico, mentre può essere un’opportunità importante collaborare con piccoli player specializzati su servizi specifici”. Tra gli aspetti centrali per il successo del FinTech Nicastro individua inoltre tre ulteriori aspetti: la normativa Ue Psd2, “che negli Usa ci invidiano – sottolinea – come rivoluzionaria e dirompente per la sua capacità di mettere al centro le esigenze dell’utente”, oltre che la necessità di mantenere alto il livello di attenzione sulla cybersecurity, dal momento che “l’industria dei servizi finanziari – spiega – si basa sul fatto che operare sul web con i dati dei clienti ti sia sicuro”. Infine, la comunicazione: “ deve essere chiaro – conclude Nicastro – che FinTech vuol dire accessibilità e facilità per gli utenti finali: non è una cosa strana, ma un’innovazione da raccontare, perché può semplificare l’innesco di un circolo virtuoso per il tessuto produttivo e imprenditoriale italiano”.
“Non c’è più contrapposizione tra FinTech e banche, ma integrazione e concorrenza – aggiunge Pierfrancesco Gaggi, direttore centrale per le relazioni internazionali di Abi – gli istituti di credito che decidono di attivare un certo servizio acquistandolo dalle FinTech fanno innovazione: anche le banche, infatti, fanno ricerca e sviluppo sviluppando iniziativa secondo i principi dell’open innovation. Certo – prosegue – ci sono vincoli da sistemare dal punto di vista normativo, in un contesto in cui assistiamo alla destrutturazione dei processi, con tanti operatori entrano in settori specifici offrendo servizi mirati, una dinamica che si sta verificando anche in altri settori”. Ma cosa si può fare per dare una spinta di sviluppo al settore in Italia? “Gli ingredienti di base ci sono – conclude Gaggi – forse servirebbe un quadro regolamentare non eccessivamente rigido. Non si devono mortificare le FinTech, altrimenti si rischia di perderne l’apporto innovativo. A fronte dello stesso servizio però ci devono essere le stesse regole esercitate dalle stesse autorità”.