Conquistare lo shopper nell’era dei consumi omnicanale

Pubblicato il 21 Ott 2015

Domenico Aliperto

Marco Loro, Partner di Pay Reply

Sono in molti a dirlo: il termine e-commerce verrà presto sostituito dal più generico – e, nonostante questo, più esatto – commerce. Che si compri in negozio oppure on line, dallo schermo di un pc o dal display di uno smartphone, per i merchant dal punto di vista del risultato finale la differenza sarà sempre più sottile. “Grazie ai dispositivi Mobile, i consumatori hanno ormai il dono dell’ubiquità, e questo abbatte le barriere competitive sul piano dei prezzi e della disponibilità di prodotti e servizi tra le varie proposizioni”, spiega Marco Loro, Partner di Pay Reply.Ogni canale però mantiene la propria specificità, e la sfida oggi è riuscire a gestire questa complessità sfruttando piattaforme unificate che aiutino gli operatori a conoscere abitudini e preferenze dei consumatori, pur fornendo loro esperienze di acquisto diversificate, adatte a ciascuna situazione”.

Lo stesso vale dunque anche per i processi di pagamento?

Al variare del mezzo cambiano necessariamente tutti gli approcci, dalle tecniche di advertising alla comunicazione e alla relazione con i clienti. Per questo l’idea di un’unica esperienza di pagamento, che prescinda dalle piattaforme in gioco, è utopistica: bisogna rispettare la logica di canale e il momento di utilizzo. Se con il telefono posso visionare i prodotti mentre mi trovo in metropolitana o in qualche ritaglio di tempo, il desktop – sia in ufficio che a casa – offre più tranquillità.

Impossibile non tenerne conto. Il vero punto di contatto tra le varie situazioni non riguarda il consumatore, ma il merchant, e ha a che fare con la raccolta dei dati relativi al comportamento degli utenti. A prescindere dalla piattaforma utilizzata, il digitale è latore di informazioni fondamentali, che ci possono aiutare a delineare quali sono le preferenze degli strumenti di pagamento sugli specifici canali. Si tratta di un patrimonio che le aziende devono sfruttare se puntano o a una strategia omnichannel, alimentando la conoscenza della customer base per avviare attività di cross selling e retention, o addirittura per migliorare le performance del sito, del Mobile e, perché no, dello store fisico.

Nel mondo fisico l’e-payment deve essere intrinseco all’esperienza, va inserito in un processo di acquisto ben definito. Nell’e-commerce quale dovrebbe essere il ruolo del pagamento per portare a buon fine qualsiasi transazione?

Sicuramente il consumatore si aspetta di ricevere dei servizi su misura, adatti a soddisfare le sue aspettative indipendentemente dal canale con cui approccia un’azienda o un brand. Nella logica Mobile commerce, le informazioni sono già ben valorizzate per raggiungere questo scopo. Sull’off line, sinceramente, credo sia necessario fare ancora qualche passo avanti, magari ispirandosi alle Big digital.

Ovvero?

Pensiamo ad Apple, per esempio: quando affronta il tema delle transazioni, lo fa con due logiche e due strumenti separati dal punto di vista del consumatore, a seconda che si tratti dello store on line o del proximity payment. Ma anche Samsung, con Samsung Pay, si sta ponendo il problema cercando di risolverlo dal punto di vista del consumatore che, nell’interazione con le interfacce ha già adottato autonomamente la logica della multicanalità sia nel momento della selezione del prodotto, sia nella fase dell’acquisto. Aggiungo un altro elemento: il fatto che, in negozio i clienti controllino sullo smartphone i prezzi dei prodotti esposti per trovare offerte migliori o referenze simili altrove è già, a mio modo di vedere, una distorsione rispetto a una strategia omnichannel efficace.

I merchant dovrebbero cogliere questa opportunità per vendere in modalità m-commerce direttamente all’interno dello store, che a questo punto diventa quasi uno showroom. La competizione con gli altri negozi non è più solo una questione gestibile sul piano fisico. E rinunciare a questo approccio significa quasi automaticamente perdere vendite su prodotti non presenti sugli scaffali o non adeguatamente promossi a tutto vantaggio della concorrenza.

Che tipo di architettura serve a chi vuole sviluppare una logica omnichannel?

Noi proponiamo il concetto di digital payment hub. Tutti i servizi, dai canali fisici all’on line, passando per il Mobile, possono essere gestiti tramite una piattaforma unificata e ottimizzata per utilizzare i dati prodotti dalle operazioni e profilare le preferenze dei clienti. Le informazioni racchiuse in un unico repository forniscono così una visuale complessiva sui servizi che possono essere spacchettati in funzione del canale o del cliente. Dopodiché è possibile dare vita a interfacce ad hoc o servizi più semplici standardizzati che accolgano le funzioni dei PSP (Payment Service Provider, ndr).

In ambito assicurativo, per esempio, abbiamo sviluppato un’architettura che permette di erogare soluzioni di pagamento che funzionano sia in agenzia, per le transazioni tradizionali, sia in mobilità, nel momento in cui un agente porta a termine una vendita a domicilio. L’agente può proporre al suo interlocutore non solo la sottoscrizione di un contratto, ma anche il pagamento, usando come terminale di accettazione il proprio tablet, abilitato anche a gestire la firma digitale del cliente. Ma la piattaforma può essere utilizzata anche in piena autonomia dai sottoscrittori, ovunque si trovino, in aeroporto o in auto, sulla strada verso la montagna, è sufficiente accedere al portale dell’assicuratore, scegliere l’opzione e pagarla contestualmente.

Quale ruolo immagina nell’e-commerce per i sistemi di pagamento P2P?

Li vedo come strumenti capaci di trainare tutto il settore, facendo compiere all’utente un vero e proprio salto paradigmatico nell’esperienza di pagamento. Noi in questo senso abbiamo contribuito a realizzare un sistema P2P che sfrutta il modello “Whatsapp like”. In pratica si effettua un trasferimento di denaro semplicemente mandando un messaggio a un proprio contatto in rubrica. Quest’approccio, portato all’esterno, verso il mondo dei merchant, darà vita per l’appunto al P2M, che definirà un modo di pagare tutto nuovo in termini di semplicità, di confidenza e, consequenzialmente di frequenza. Unito ad un modello di instant payment, sarà molto apprezzato anche dai merchant, perché darà loro disponibilità istantanea degli importi ricevuti. E questo si traduce in liquidità immediata da reinvestire, oltre a una sensibile riduzione dei costi.

Le piattaforme, l’abbiamo detto, sono molteplici. Chi deve farsi carico di incentivare questi strumenti in Italia?

Io mi sento molto vicino a quello che sta esprimendo il mercato. Ovvero, la relazione con il cliente è sempre più legata al brand di riferimento. Le piattaforme sono funzionali a un’esperienza che si deve concludere con l’acquisto di un bene o di un servizio erogato da un merchant. Ed è il merchant che deve disegnarla e promuoverla in modo intelligente.

Chi conquisterà, a cavallo dei vari canali, il maggiore vantaggio competitivo: i nuovi player che arrivano dal mondo del mobile oppure chi possiede già solide basi nei circuiti di pagamento on line?

Difficile rispondere. In generale vedo in pole position chi è in grado di assicurare una valida user experience durante tutto il ciclo di vita della soluzione di pagamento. Chi riesce a ottimizzare le potenzialità del digitale nel modo più semplice possibile ha una marcia in più rispetto agli attori tradizionali. Quindi la partita è apertissima. Inutile dire che, per merito del loro core business, gli OTT dispongono di modelli organizzativi e competenze che li pongono in una posizione privilegiata rispetto a uno scenario così mutevole.

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