Manuela Gianni
L’abitudine degli italiani a utilizzare il contante per pagamenti anche di importo rilevante è motivo di stupore per molti stranieri che visitano il nostro Paese. Se negli Stati Uniti e in gran parte dell’Europa usare le carte è la normalità, da noi resta ancora un’eccezione per un’ampia fascia della popolazione.
Un ritardo che non è solo un curioso fatto di costume, ma un importante limite allo sviluppo del Paese: la gestione del contante, infatti, ha un costo significativo, oltre al fatto che la circolazione di banconote di grosso taglio è spesso sinonimo di attività poco lecite. Cosa fare, dunque?
Ne parliamo con Massimo Arrighetti, Amministratore Delegato di Sia, Gruppo presente oggi in 40 Paesi e specializzato nelle aree dei pagamenti, della monetica, dei servizi di rete e dei mercati dei capitali.
La società è impegnata a spingere l’innovazione nei servizi di pagamento e punta in particolare sullo sviluppo del Mobile Payment e della tecnologia NFC (Near Field Communication), soluzioni pratiche e veloci che consentono di ridurre l’utilizzo del contante e semplificare la vita dei cittadini.
Il nostro Paese è in ritardo nell’uso della moneta elettronica, nonostante la diffusione delle carte di pagamento sia in costante crescita. Qual è la situazione?
Il contante rimane lo strumento più utilizzato nella vita quotidiana: se 50 o anche 100 euro nel portafoglio per un italiano sono pochi, all’estero è normale tenere in tasca pochi spiccioli. Questo perché le carte hanno da tempo sostituito il contante, mentre in Italia stanno andando a sostituire l’assegno, che va scomparendo.
Da una nostra recente indagine è emerso che il 21% degli italiani usa esclusivamente il contante, mentre il 62% della popolazione utilizza occasionalmente le carte di debito, credito o prepagate. Ma c’è anche un 19%, perlopiù giovani, che si dichiara ben disposto ad effettuare pagamenti con il cellulare.
Eppure i POS sono piuttosto diffusi…
Abbastanza, molti esercizi commerciali, i ristoranti, gli alberghi non possono farne a meno. Ma molti altri spesso non li hanno, ad esempio gli studi medici. In generale, comunque, la gente li usa poco. C’è la percezione errata che l’uso della carta porti vantaggio solo a banche e fisco, che chi la usa venga tracciato nelle sue attività. Alcuni si giustificano per via delle commissioni ma il problema non è la percentuale di commissione, che poi su volumi elevati scende di molto. Il problema vero è che chi non ha il POS non fa neanche la ricevuta o la fattura.
Qualche tentativo di arginare l’uso del contante da parte delle istituzioni c’è stato, come il provvedimento del Governo Monti che ha vietato i pagamenti cash superiori ai 1000 euro. Che effetto ha avuto?
Non sappiamo se c’è una vera corrispondenza di causa-effetto. I nostri dati evidenziano dal secondo trimestre di quest’anno un aumento del numero delle transazioni con carta del 15% rispetto al 2011, ma sono aumentate anche le somme prelevate al bancomat. La via dell’obbligo da sola non basta, occorre agire anche con gli incentivi.
E in che modo si potrebbe incentivarne l’uso?
È importante che vengano evidenziati i vantaggi che derivano dalla moneta elettronica, creando al contempo meccanismi premianti per chi la usa. Faccio alcuni esempi concreti: si potrebbe permettere di detrarre automaticamente dalle tasse le spese mediche pagate con il POS oppure consentire agli esercenti di fare in automatico la dichiarazione IVA, semplificandogli la vita. Ancora, si potrebbe introdurre nella PA l’uso di carte abilitate solo per certi usi, ad esempio per l’acquisto carburante: si avrebbe un riscontro immediato di come viene usato il denaro pubblico.
Quali sono i vantaggi che i cittadini ne avrebbero?
Nel medio-lungo periodo l’uso della moneta elettronica conviene a tutti, perché innesca una spirale virtuosa che in definitiva porterebbe a ridurre l’imposizione fiscale e non è solo una questione di emersione del sommerso. Si pensi ai costi di produzione, trasporto e custodia delle banconote, che gravano sul sistema Paese. Per l’esercente, poi, contante o assegno vuol dire rischio di falso, scoperto, furto, rapina e quindi i costi di assicurazione, telesorveglianza, trasporto valori. Nessuno mette in conto questi costi quando fa i confronti.
Alla PA spetta in questo contesto un ruolo propulsore per la diffusione della moneta elettronica. Da dove si potrebbe iniziare?
Nella PA oggi serve spingere l’innovazione di processo e organizzativa, verso la semplicità. Le tecnologie ci sono e non servono investimenti colossali: basterebbe utilizzare le infrastrutture che sono già a disposizione. Ogni cittadino, ad esempio, paga una serie di adempimenti: l’Imu, la Tarsu, la mensa scolastica, le multe, il ticket sanitario… Oggi ogni ente nella PA richiede una modalità diversa: il Rav, il mav, il bollettino postale. A volte è anche necessario farsi i calcoli e pagare il commercialista. Il primo passo potrebbe essere la creazione di un sistema che raccolga tutti questi adempimenti e li renda gestibili via Internet. Immagini di collegarsi a un sito sicuro, ad esempio quello della sua banca, di avere con un solo link la visibilità di tutti i pagamenti con le relative scadenze e di poterli effettuare con un click!
Ma bisogna mettere a fattor comune tanti sistemi diversi, non è un progetto costoso e lungo?
No, è qui l’errore, non servono decenni e miliardi. Utilizzando le strutture già esistenti bastano i tempi di un governo e con un costo di pochi spiccioli per transazione tutto questo sarebbe possibile. La PA ha tutte le informazioni che servono tant’è che alcune amministrazioni centrali e locali si stanno già muovendo. Il problema è il caos organizzativo e burocratico della PA: tutti vogliono fare tutto e ognuno per sè. Quindi è importante in questo momento storico fare leva sulle In Ungheria una capillare rete per le carte contactless.
Infrastrutture che sono già disponibili…
Esatto, credo sia necessario iniziare a pensare in modo diverso. Una buona occasione potrebbe essere il progetto per la carta d’identità digitale. Se si parte da zero i costi rischiano di essere proibitivi. Se invece qualcuno pensasse che aziende come la nostra già oggi gestiscono in modo sicuro e protetto 63 milioni di carte con miliardi di accessi all’anno da una rete di centinaia di migliaia di terminali fissi e mobili…
Sia è impegnata in diversi progetti innovativi, con l’utilizzo di carte contactless e di cellulari NFC. Quali prospettive di diffusione immaginate per queste soluzioni?
In Italia inizia a esserci un discreto numero di POS per le carte contactless che offrono ancora più sicurezza delle carte con il chip, e questa stessa infrastruttura può essere utilizzata per il Mobile Payment. L’evoluzione tecnologica è rapidissima, ma i processi di adozione sono lenti: per i ragazzi di oggi è normale utilizzare il cellulare, le premesse ci sono, ma ci vorrà qualche anno, e il Mobile Payment si affermerà solo se è più comodo e più sicuro della carta. Immagini App dove ognuno potrà vedere a colpo d’occhio lo stato dei propri pagamenti, utilizzare servizi di couponing, circuiti di sconti ecc.
La sfida per noi è realizzare un servizio di pagamento veloce, facile e sicuro. Rispetto ad altre sperimentazioni in corso che sono verticali, legate a un singolo operatore, la soluzione di Mobile Payment che proponiamo noi è aperta a tutte le banche con tutti gli operatori. Grazie a Sia, infatti, è possibile virtualizzare la carta di pagamento sulla sim del cellulare per effettuare transazioni contacless presso i punti vendita abilitati con tecnologia NFC. Hanno già aderito BNL-Gruppo BNP Paribas, che ha in corso un pilota, oltre a Vodafone e 3.
Tra circa un anno scadrà il termine ultimo per la conformità SEPA, la nuova area unica dei pagamenti in euro. A che punto siamo? E quali saranno i vantaggi?
Oggi le banche europee utilizzano una decina di sistemi di pagamento diversi: la standardizzazione renderà i servizi più efficienti agevolando la gestione degli ordini di pagamento internazionali e nazionali. L’area unica dei pagamenti in euro è stata creata per consentire a cittadini, imprese, pubbliche amministrazioni di effettuare e ricevere pagamenti in modo armonizzato, utilizzando strumenti comuni, come bonifici, addebiti diretti e carte di pagamento, con la stessa facilità e sicurezza su cui si può contare nel proprio contesto nazionale. È un grande vantaggio per le imprese, ma c’è ancora una certa inerzia al cambiamento: le banche sono pronte, le imprese non ancora, ma non credo che ci siano elementi tecnici per far slittare la data. SIA ha messo a punto un’offerta ad hoc che consente alle imprese di adeguarsi da subito alla SEPA senza dover cambiare i sistemi che oggi utilizzano.
Chi è Massimo Arrighetti
Classe 1957, una laurea presso l’Università Bocconi, Massimo Arrighetti è Amministratore Delegato di SIA da maggio 2010. Inizia la sua carriera nel 1981 in IBM come Sistemista e Addetto Commerciale nell’area dei grandi clienti industriali e nel 1986 entra in McKinsey & Company come Consulente fino ad assumere la responsabilità di Senior Partner, gestendo numerosi progetti strategici per il settore bancario in Italia e all’estero. Diviene anche membro attivo della “Practice” McKinsey bancaria e uno dei fondatori della “Practice” di Information Technology per le istituzioni finanziarie. Nel 1998 Arrighetti passa in Poste Italiane come Direttore di Divisione di Banco Posta e el 2002, entra in Banca Intesa come Responsabile Divisione Rete.
Il Gruppo SIA
Sia è leader europeo nella progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture e servizi tecnologici, dedicati alle Istituzioni Finanziarie e Centrali, alle Imprese e alle Pubbliche Amministrazioni, nelle aree dei pagamenti, della monetica, dei servizi di rete e dei mercati dei capitali. Il Gruppo Sia è attualmente presente in circa 40 Paesi e opera anche attraverso società controllate in Belgio, Ungheria e Sud Africa. Con 8,1 miliardi di transazioni annue relative a carte, incassi e pagamenti, 63 milioni di carte gestite e 22,3 miliardi di transazioni sui mercati finanziari, SIA trasporta in rete 11,2 mila miliardi di byte di dati. Il Gruppo si compone di sette società: la capogruppo Sia, le italiane Pi4Pay (servizi per Payment Institution), RA Computer (soluzioni di tesoreria per banche, imprese e PA) e TSP (servizi di payment collection per aziende e PA), SiNSYS (card processing) in Belgio, Perago (infrastrutture per banche centrali) in Sudafrica e Sia Central Europe in Ungheria.