Domenico Aliperto
Dimmi quanto e-commerce fai e ti dirò chi sei, anzi: quanto vali. Così la pensano ormai in Cina, dove il commercio elettronico, specialmente grazie alla straordinaria diffusione di Alibaba, è già il vero termometro dell’economia nazionale. Almeno ne è convinto lo stesso Jack Ma, visto che il suo gruppo ha annunciato il lancio di un indice, il CSI Taojin Big Data 100 Index, che traccia le attività e-commerce di un’azienda per misurarne le performance economiche. L’indice consta di 100 stock in un vasto ventaglio di settori.
La notizia in sé potrebbe lasciare tutto sommato indifferenti soprattutto gli osservatori occidentali, se questa mossa non fosse in realtà propedeutica alla creazione di una vera e propria piattaforma che – stando a quanto dichiarato da Ant, il braccio finanziario di Alibaba – offrirà funzionalità bancarie in piena regola come prestiti, servizi di credito e assicurativi, sistemi di pagamento e infine consulenza per piani di investimenti dei risparmi. E per fugare qualsiasi ombra di dubbio, Yuan Leiming, general manager della divisione Finance di Ant, ha dichiarato all’agenzia Reuters che a giugno sarà lanciata una banca on line (controllata al 30% da Ant), chiamata WEbank.
Al di là dell’omonimia con il servizio offerto in Italia da BPM (a proposito: chissà se esistono gli estremi per un’azione legale sull’utilizzo del marchio), il nome evoca un’altra piattaforma che in Cina – ma anche fuori dall’ex Celeste impero – è in pochi anni divenuta sinonimo stesso di social network, Wechat. Infatti, mentre nell’emisfero Ovest dobbiamo ancora cominciare a fare i conti con Facebook, Apple Pay e Google Wallet e con i modelli di digital payment che prevarranno nei prossimi anni, in Estremo oriente si sviluppano a velocità rapidissime realtà che nascono largamente maggioritarie.