Candela (Alipay): «Puntiamo a un ecosistema che generi valore per tutti»

La piattaforma di mobile payment di Ant Financial è da poco sbarcata sul mercato tricolore, ma ha già attivato collaborazioni con Unicredit, Intesa Sanpaolo e Banca Sella. È infatti attraverso gli istituti che la soluzione di pagamento indispensabile per i turisti cinesi viene proposta ai retailer. «L’obiettivo è aiutare i merchant a seguire i propri clienti lungo l’intero customer journey». L’intervista all’Head of Business Development Italy

Pubblicato il 15 Feb 2018

Pietro Candela, Head of Business Development Italy di Alipay
Pietro Candela, Head of Business Development Italy di Alipay

In questa porzione del planisfero Alipay non ha – ancora – la fama che i suoi numeri e il suo piano di sviluppo meriterebbero: «In Cina sei praticamente perduto se non disponi di un account Alipay», assicura Pietro Candela, Head of Business Development Italy del colosso dei pagamenti innovativi. Ma l’applicazione di Ant Financial, emanazione di AliBaba Group (che gestisce i marketplace creati da Jack Ma), ha ambizioni ancora più grandi: intende trasformarsi in una piattaforma panasiatica che permetterà a circa 800 milioni di potenziali utenti – di cui 520 già attivi – di accedere a un sistema unico di payment journey, capace di portare vantaggi sia ai consumatori sia naturalmente ai merchant. .

In realtà la prospettiva è più che panasiatica: ogni anno sono milioni i turisti cinesi che visitano l’Europa, e questo flusso rappresenta per Alipay un’ulteriore occasione di sviluppo. Per i retailer del Vecchio continente, che possono usufruire della piattaforma grazie ai servizi offerti dalle banche (che si stanno gradualmente integrando in tal senso) è invece un’opportunità tutta nuova: Alipay promette infatti di creare un ciclo di vita del pagamento che, esattamente come avviene già in Cina, consente ai merchant di seguire il consumatore durante tutta la fase di avvicinamento all’acquisto che lo porterà a essere un cliente, possibilmente fidelizzato. Ne abbiamo parlato con Candela, da pochi mesi alla guida di quella che è a tutti gli effetti un ibrido tra una startup innovativa e l’appendice di una multinazionale in continua espansione. «Non a caso sono tre i capisaldi della nostra strategia”, dice il manager: «inclusione, innovazione e globalizzazione».

Tutti declinabili anche in Italia?

Sì, sebbene il tema dell’inclusione sia più legato alla missione di Ant Financial – che infatti ha per logo ha una formica – in regioni in cui è ancora predominante il numero di persone prive di accesso a servizi finanziari tradizionali, come la carta di credito. Il discorso in Italia, e più in generale in Europa, potrebbe essere esteso ai millennial che non hanno una storia creditizia, ma naturalmente le premesse sono molto diverse. Anche per quanto riguarda l’approccio all’innovazione, la strategia si declina a seconda delle caratteristiche del mercato che affrontiamo. Se per esempio in Paesi come l’India puntiamo a partecipazioni in società che hanno un posizionamento simile al nostro, come nel caso di PayTM (di cui Ant Financial detiene il 40%, con investimenti per 680 milioni di dollari, ndr), in mercati più maturi diamo la precedenza alle partnership con banche e altri player del comparto, proponendoci quasi come una società techfin che sviluppa strumenti (integrabili in portfolio di soluzioni già rilasciate) da offrire ai merchant. Sul piano della globalizzazione, infine, l’idea è quella di creare una esperienza di pagamento unica a cavallo dei diversi mercati asiatici, allargando la prospettiva ai Paesi verso cui si muovono turisti, studenti e lavoratori che in patria utilizzano abitualmente Alipay.

Quali sono le prerogative della piattaforma?

Riesce innanzitutto a valorizzare le strutture di pagamento esistenti nelle grandi catene retail come nel piccolo negozio. Essendo una soluzione aperta, non pone vincoli per lo sviluppo in chiave agile, ed è ideale anche per gestire micro-transazioni. Del resto il suo successo in Cina è dovuto al fatto che l’applicazione è costruita su una tecnologia consolidata – la scansione dei codici a barre – che ha rappresentato un enorme facilitatore per cavalcare l’onda della rapida diffusione degli smartphone: di fatto, chi adotta Alipay non ha bisogno di costruire un’infrastruttura ad hoc, né di modificare quella in uso. Alla semplicità della soluzione corrispondono poi requisiti di sicurezza soddisfatti da client intelligenti, a loro volta abilitati da API (Access Programming Interface, ndr) che garantiscono la massima flessibilità in termini di integrazione di funzioni che vanno oltre il semplice pagamento.

Ovvero?

Dal nostro punto di vista abilitare un merchant all’utilizzo della piattaforma non è la fine, ma l’inizio di un percorso. Possiamo infatti mettere a disposizione una serie di strumenti che lo aiutino a ingaggiare il cliente durante tutta la customer journey, che nel caso specifico di un turista comincia nel momento in cui pianifica il viaggio dalla Cina e termina quando ha rimesso piede a casa. Parlo quindi di promozioni, coupon, iniziative di co-marketing: strumenti semplici, presi singolarmente, ma che nel complesso costituiscono per il merchant un modo interessante ed efficace – oltre che efficiente dal punto di vista dei costi – di dialogare con il cliente e rafforzare la customer ownership. Mentre per noi rappresentano un ampliamento del business oltre la logica delle mere commissioni, sempre meno profittevoli nel mercato che si sta delineando.

Il tutto, diceva, facendo leva sulle partnership con le banche. In Italia chi ha già aderito alla vostra piattaforma?

Unicredit per prima. Abbiamo siglato un accordo ad aprile 2017. E devo dire che il lavoro svolto dal loro team interno dedicato al progetto mi ha sbalordito: sono riusciti ad attivare il servizio in tempi record, che ascriverei più a piccoli player che non a un’organizzazione delle loro dimensioni. Il rapporto con Unicredit si è da subito rivelato strategico, non solo perché la banca presidia il parco POS dei suoi clienti, ma anche perché garantisce una copertura estesa sul territorio italiano, ben oltre le prime quattro città principali, e anche su negozi di piccola taglia. Per altri può essere un elemento residuale, per noi è invece fondamentale nell’ottica di assicurare ai nostri utenti non solo la migliore esperienza di viaggio, ma anche la migliore permanenza possibile all’estero. A fine novembre è poi partito il progetto con Intesa Sanpaolo, con cui abbiamo attivato il primo grande merchant, un primario marchio del lusso. Proprio in questi giorni avverrà il roll out del servizio su altri brand del fashion. La terza collaborazione, appena siglata e in fase di avanzamento, è con Banca Sella.

Com’è la situazione nazionale rispetto ad altri mercati europei?

Noi siamo partiti un po’ in ritardo, gli altri godono di circa un anno di vantaggio e quindi hanno numeri più consolidati dei nostri. Rispetto al target, l’elemento comune è l’attenzione ai grandi marchi della moda: i cinesi sono i primi spenditori in termini di fatturato sul fashion. Ma ci sono secondo me ottime opportunità anche nel mondo delle catene commerciali e dei piccoli negozi delle aree turistiche. Vince chi riesce a far passare l’idea che non si tratta semplicemente di promuovere uno strumento di pagamento, ma di costruire un ecosistema attraverso il quale si può generare valore per tutti attraverso il turismo. In Finlandia per esempio il governo punta a posizionare il Paese come una destinazione predisposta ad accogliere i visitatori asiatici, in Lussemburgo addirittura sono stati adottati nuovi sistemi di validazione dei profili dei turisti per facilitare l’ottenimento del visto. In Italia si sta cominciando a lavorare su questo fronte: è stato firmato un memorandum of understanding su un protocollo che dovrebbe portare Enit e il ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo a collaborare con Fliggy, la piattaforma cinese equivalente al Booking.com occidentale.

Quale impatto può avere la regolamentazione europea – GDPR e PSD2 – sulle vostre attività?

Rispetto al GDPR, prestiamo come tutti attenzione alle disposizioni del nuovo regolamento sulla Data Protection. Rispetto alla PSD2, abbiamo minori impatti di altri player in quanto lavoriamo in partnership con gli acquirer, che seguono molti degli adempimenti. Per noi la regolamentazione chiave è quella cinese. D’altra parte, per poter utilizzare Alipay in Europa è necessario avere il passaporto cinese.

Come si configura lo scenario competitivo per i prossimi anni?

In Europa il mercato dei pagamenti è in evoluzione, e potrebbe vedere l’ingresso degli Over The Top americani, che hanno la possibilità di valorizzare la customer base dei servizi on line in cui Alipay è meno presente. Alipay, viceversa, è focalizzata sui clienti cinesi, e quindi fa riferimento uno scenario competitivo caratterizzato da aziende cinesi. In questo momento storico la competizione nel Vecchio continente è sana, direi anzi che potremmo parlare di coopetition: la sfida è prevalentemente culturale, e verte sull’importanza di convincere i merchant europei ad accogliere i visitatori cinesi offrendo loro la migliore esperienza di viaggio e di acquisto possibile avvalendosi anche delle nuove tecnologie mobile.

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