Domenico Aliperto
Cosa significa innovazione per le banche? In che modo gli istituti italiani stanno affrontando la trasformazione impressa dalla normativa, dal cambiamento dello scenario competitivo e dalle nuove abitudini dei consumatori? Alcune riflessioni sul delicato momento che sta vivendo il settore sono scaturite durante la tavola rotonda «La digital transformation nel settore finanziario», che si è tenuta in occasione del Salone dei Pagamenti e che ha coinvolto i rappresentanti delle organizzazioni coinvolte in questa transizione.
«La digitalizzazione è una trasformazione grandiosa, e offre al tempo stesso opportunità e incertezze perché scardina lo status quo», ha detto Vincenzo Gringoli, Partner Bain & Company. «Di una sola cosa si può essere certi:il comportamento dei consumatori è già cambiato, e per andare loro incontro occorre adottare una vera logica multicanale, attivando iniziative di rivisitazione dei processi e col ripensamento del ruolo e del layout della filiale». E la trasformazione digitale del mondo finanziario deve essere letta in sovrapposizione e allineamento con la trasformazione digitale che grazie alla spinta che arriva dall’IoT, sta portando il mondo dell’Industria nella direzione dell’Industry 4.0 e le Pubbliche Amministrazione nella direzione di uno sviluppo PA 4.0.
Emerico Zautzik, che in Banca d’Italia è a capo del Dipartimento Mercati e Sistemi di Pagamento, ha esordito il suo intervento in occasione del Salone dei pagamenti specificando che per avere una visione più chiara del futuro bisogna prima di tutto guardare a quello che si sta facendo in Europa sotto il profilo normativo. «I capisaldi sono tre: la SEPA (Single Euro Payments Area, ndr), la PSD2, che in prospettiva rappresenta il vero salto di qualità sul tema dei pagamenti, e il regolamento sulle interchange fee. Se da una parte è vero che i contenuti delle singole iniziative possono presentare elementi di criticità per le banche, ciò che davvero rischia di danneggiare il settore è il ritardo con cui spesso sono approvate le regolamentazioni. Anche pochi mesi risultano fatali: gli investimenti si bloccano perché non sono chiari i termini che verranno imposti e si creano danni incalcolabili. La sfida per il legislatore oggi è stabilire regole giuste nel tempo più rapido».
E in effetti ora che la PSD2 è una realtà, con nuovi ruoli e nuovi processi determinati in maniera chiara, le banche si stanno predisponendo ad affrontare lo scenario che si delinea all’orizzonte. «La PSD2 non è una seconda SEPA», ha detto Stefano Favale, Responsabile Direzione Global Transaction Banking Intesa Sanpaolo. «Servono due elementi per sfruttare appieno le opportunità offerte dalla direttiva: il primo è l’instant payment, a cui deve poi corrispondere una customer experience migliore. Come banca stiamo portando avanti piani per il ripensamento del customer journey in ambito retail: la filiale si rafforzerà come punto di incontro, consulenza e sviluppo per creare valore aggiunto, mentre i temi dell’open banking e delle API sono il cuore per la creazione di servizi di pagamenti istantanei».
Pure per Gianluigi Pesce, Head of Retail Digital Channels Unicredit, gli istituti adesso devono essere in grado di offrire una customer experience di livello assoluto, fornendo servizi innovativi, come per esempio la consulenza di personal financial manager, contando sui dati di qualità maggiore ottenuti attraverso gli strumenti analitici. «Ma non è sufficiente. Con la PSD2 non si introduce solo il ruolo del PSP (Payment Service Provider)», ha poi precisato Pesce, «ma anche quello dell’Account Information Service Provider, che potrà aggregare in un’unica vista i conti degli utenti. Il 90% dei nostri clienti accede ai servizi di home banking per leggere i movimenti. Questo significa che nel momento in cui entra un altro operatore e offre una esperienza più efficace, noi rischiamo ancora una volta di rimanere disintermediati. Per fortuna le banche partono avvantaggiate, godendo della fiducia che il cliente ha accordato loro in anni di relazione. Ma dobbiamo creare le condizioni perché questo rapporto si consolidi ulteriormente».
Anche sul fronte B2B, come ha notato Enrico Susta Head of Payment Gruppo Banca Sella, che ha condiviso con la platea l’intenzione di coinvolgere merchant e imprese in progetti di matrice educational per promuovere lo sviluppo dei servizi innovativi. «Per esempio dando vita a spazi di consulenza sui pagamenti, specialmente in ambito e-commerce, con focus sulle frodi e sui tassi di conversion».
Naturalmente è un discorso che va affrontato a livello di sistema. «Abbiamo 18 mesi di vantaggio per affrontare una sfida globale che va giocata sul piano europeo», ha rilanciato Nicola Cordone, Senior Vice President SIA, sottolineando che con 500 milioni di conti correnti all’interno di un ecosistema coeso sotto il profilo normativo il Vecchio Continente ha tutte le carte in regola per far sentire la propria voce nel nuovo panorama digitale.
Marco Ferrero, direttore commerciale di Cartasi, ha confermato che quello finanziario è uno dei pochi mercati in cui se si gioca bene collaborando, i benefici sono equamente distribuiti tra tutti i player, che poi possono personalizzare e differenziare l’offerta su aspetti specifici in un gioco che non è mai a somma zero. «Il vero competitor in questo momento è la cattiva abitudine di contrastare il cambiamento», ha detto Ferrero. «Per fortuna vedo molte banche che provano a evolvere provando a effettuare segmentazione dei clienti basate sui bisogni espressi e non più sui margini di interesse. Ma è un’evoluzione che deve coinvolgere l’intero settore. Perché se non lo fanno le banche, ci penseranno le Fintech o magari Poste italiane».