Incentivi al cashless, le buone pratiche dei Paesi che ci hanno già provato

Pubblicato il 17 Nov 2015

Domenico Aliperto

Giovanni Miragliotta, Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio Mobile Payment & Commerce del Politecnico di Milano

Calibrare un programma coerente di iniziative che possano incentivare la diffusione dei pagamenti cashless in Italia vuol dire prima di tutto cercare di comprendere gli effetti e la portata di piani analoghi avviati in Paesi che, con i dovuti distinguo, sono confrontabili con il nostro. La sfida in questo caso è capire quali strumenti agiscono su quali attori della filiera (tipicamente esercenti e consumatori, ma non bisogna sottovalutare i payment service provider) e quanto riescono a modificare cultura e atteggiamento nei confronti dell’uso del contante piuttosto che generare risultati temporanei se non addirittura contingenti.

Su questa analisi si è concentrato il secondo appuntamento del progetto “Incentivazione dei pagamenti elettronici”, che l’Osservatorio Mobile Payment & Commerce del Politecnico di Milano sta conducendo insieme a un panel di partner qualificati (da BPM a Consorzio Bancomat, passando per Bper, Edenred, Ingenico, Intesa Sanpaolo, MasterCard, Sia, UBI Banca) e con il coinvolgimento di rappresentanti istituzionali e associazioni di categoria.

Nel corso del primo incontro, che si è svolto lo scorso luglio, il tavolo di lavoro coordinato da Giovanni Miragliotta e Valeria Portale aveva evidenziato che l’Italia gode di una buona infrastrutturazione per l’accettazione di pagamenti elettronici e di una diffusione di strumenti – specialmente le carte – sufficiente per raggiungere performance simili a quelle di mercati decisamente più avanzati sotto questo profilo. “Eppure abbiamo scoperto che per il sistema italiano il contante sia percepito come comodo, efficiente, opaco”, ha detto Miragliotta avviando la seconda sessione. “E nonostante l’introduzione massiccia dei pagamenti elettronici sia teoricamente in grado di ridurre i costi sociali del contante di oltre il 20%, molti soggetti hanno trovano ancora convenienza a usare banconote e monete”.

I PAESI ANALIZZATI

Non è dunque (solo) una questione di mentalità, come tende a dire la vulgata: serve piuttosto l’innesco di un meccanismo virtuoso che trasmetta agli utenti il vero valore delle transazioni elettroniche, anche attraverso sistemi mediati, che premino cioè i cittadini con le risorse che lo Stato può recuperare tramite il prelievo supplementare sull’economia sommersa generata dal cash. Come hanno fatto alcuni dei governi dei Paesi a cavallo di Sud America, Asia ed Europa presi in considerazione dall’indagine svolta su dati riferiti al 2014 da Ilaria Faiella, ricercatrice degli Osservatori Digital Innovation: Argentina, Colombia, Messico, Uruguay, Taiwan, Corea del Sud, India, Slovacchia, Croazia, Grecia, Portogallo, Paesi Bassi e Svezia. Con le sue 38 transazioni elettroniche pro capite in un anno e con una media di 1,6 carte per cittadino, l’Italia si pone come fanalino di coda, dopo gli inarrivabili Corea del Sud (263,5) e Svezia (270), i primi della classe, Portogallo (126,5) e Paesi Bassi (192,6) e il resto del panel, che comunque nel Vecchio continente dimostra segni di assoluta vitalità con i dati di Croazia (52,4) e Slovacchia (50,4).

Parlando in generale, gli approcci che sembrano aver generato gli effetti più positivi sono quelli che hanno agito sia sul fronte degli esercenti che su quello dei consumatori, combinando in modo continuativo nel tempo iniziative ludiche come lotterie, sconti su acquisti, rimborso IVA e agevolazioni per l’adozione di sistemi di accettazione di pagamento. Da segnalare inoltre che le iniziative sono spesso partite dai governi. Due importanti differenze rispetto a quanto avviene in Italia, dove i pochi casi finora registrati parlano di progetti promossi dai privati e prevalentemente rivolti ai consumatori.

GIOCANDO SI GUADAGNA

Il meccanismo delle lotterie per incentivare acquisti di determinato tipo, e nello specifico con pagamenti elettronici, ha una storia di tutto rispetto: i primi esperimenti si sono fatti a Taiwan negli anni ’70, quando il governo ha messo in palio premi per numeri vincenti stampati direttamente sugli scontrini emessi dagli esercenti. La Slovacchia ha adoperato questo sistema nel 2013 facendo emergere circa 2 miliardi di gettito IVA, con premi fino a 10 mila euro per i vincitori dell’estrazione, disponibile su Internet. Ma il caso più emblematico è quello del Portogallo, dove con l’iniziativa “Factura da sorte”, il governo ha provato a intaccare l’elusione fiscale, che tocca punte del 19% del PIL. La lotteria, partita a gennaio 2014 è stata poi affiancata a un decreto legislativo attraverso il quale l’Autoridade Tributaria e Aduaneira ha messo a disposizione dei consumatori finali una detrazione del 15% dell’IVA sugli acquisti fino a un massimo di 250 euro. Il risultato è che il gettito dell’IVA è aumentato del 7,9%, con un +45% di fatture emesse da imprese e liberi professionisti, a fronte di un PIL che nel medesimo periodo è cresciuto solo dello 0,8%.

PAESI BASSI E SVEZIA, UN LUNGO PERCORSO DI CAMBIAMENTO

Parte da lontano la serie di sforzi che due nazioni oggi all’avanguardia nella lotta al cash hanno profuso per diffondere i pagamenti elettronici: nei Paesi Bassi già nel 1984 fu abolita la moneta da 1 centesimo (di fiorino), mentre nel 1990 è stata avviata la disincentivazione delle banconote di grande taglio, con il divieto per i negozi di accettare pezzi da 1000, 250 e 100 fiorini. A partire dal 2005 il governo ha poi facilitato la diffusione dei Pos tramite incentivi agli esercenti, promuovendo l’uso del cashless usando come testimonial politici e ministri, e favorendo la nascita di aree predisposte al 100% all’accettazione di carte, grazie anche alla riduzione delle fee sulle operazioni e all’obbligo di utilizzo delle carte presso gli sportelli self service e automatici degli erogatori di beni e servizi. Le iniziative sono state declinate pure a livello di GDO: nel 2008 è partito il programma “Small amount, please pay debit”, con l’introduzione di casse dedicate all’accettazione esclusiva di carte per ridurre le rapine, mentre nel 2011 i dipendenti dei supermercati che invitavano i clienti a pagare cashless venivano premiati con compensi e gratifiche.

La capacità e la volontà di agire a livello di sistema sono anche le ragioni alla base del successo svedese. Il governo nel 2007 ha predisposto la graduale diminuzione del contante circolante – con la disincentivazione dell’uso di banconote di grosso taglio – nel Paese, e grazie all’aiuto degli istituti di credito in due anni 500 sportelli bancari sono diventati completamente cashless, con la scomparsa di ben 900 ATM. Il risultato? Attualmente i bancomat pro capite in Svezia sono circa la metà di quelli presenti in Italia e il Paese scandinavo si candida a diventare il primo mercato in cui il contante sarà presto una specie in via di estinzione.

SEGNALI POSITIVI DALL’AMERICA LATINA

Colombia e soprattutto Uruguay (pur nella loro diversità) sono due casi utili per capire in che modo potrebbe muoversi l’Italia per diminuire la distanza dalla Svezia. Cercando di favorire sia i possessori di carte che gli esercenti, il governo dell’Uruguay ha varato a partire dal 2011 una serie di iniziative volte a diminuire l’impatto economico su entrambi i fronti nel momento in cui si usano i pagamenti elettronici: abbassando da una parte le fee per i merchant e diminuendo i costi di locazione per il Pos, addirittura concesso gratuitamente nel 2013 e 2014, da un lato, e applicando uno sconto dell’IVA compreso tra il 4 e l’1% per chi sceglie di pagare con carte di debito e di credito, dall’altro. Queste misure hanno fatto schizzare il numero di transazioni elettroniche nel Paese, che ora sono arrivate a essere 29 pro capite, con un aumento del 25% dei Pos abilitati.

Anche Bogotà ha giocato nel 2004 la carta dell’IVA, applicando uno sconto del 2% sui pagamenti effettuati con carte di credito e debito. I possessori di carte di credito sono così passati nel periodo 2011-2014 da 5,5 milioni a 6,8 milioni, mentre il numero di Pos è passato dal 2009 al 2013 da 2,27 milioni a 3,71 milioni. La Colombia rappresenta però un caso emblematico anche per provare a delineare l’efficacia nel tempo di certe misure nel momento in cui quelle misure vengono poi sospese. Infatti la riforma tributaria del 2013 ha escluso dallo sconto IVA bar e ristoranti, che sono ora soggetti a una tassa diversa; questo ha contribuito a causare la diminuzione del numero (e del valore) delle transazioni elettroniche registrate nel 2014 rispetto a quelle del 2013, segno della fragilità di alcuni risultati che possano essere conseguiti.

LA PROMESSA DELL’INDIA E L’ESEMPIO DELLA COREA

L’analisi dell’Osservatorio ha infine preso in esame un mercato dalle grandi potenzialità, l’India (il cui governo starebbe lavorando a un sistema di rimborso dei consumatori che pagano in forma elettronica attraverso uno sgravio fiscale, con uno sconto dell’IVA tra l’1 e il 2% per i merchant che si adeguano) e la Corea del Sud, che con le sue cinque tessere pro capite (294 milioni di unità per 50 milioni di abitanti), 263 transazioni annuali medie per abitante e una crescita anno su anno del 16,4% dei pagatori con carte rappresenta l’Eden dei sostenitori del cashless. Non solo: tra il 2010 e il 2013 il transato elettronico è quasi decuplicato, con una media per carta di circa 3 mila dollari. Inutile dire che risultati del genere si raggiungono con un’impostazione netta, quasi audace: dal 1997 lo Stato restituisce ai cittadini che pagano con carta di credito il 20% del proprio reddito annuale lordo il 20% sul transato, fino a un massimo di 2600 dollari all’anno, applicando contestualmente anche uno sconto sull’IVA dei beni e dei servizi acquistati.

VERSO LA PROPOSTA DI UN PROGRAMMA COERENTE

Scremando opportunamente contesti e premesse, la valutazione delle iniziative evidenziate è servita a impostare una griglia di riferimento, all’interno della quale il tavolo di lavoro proverà a disegnare un programma coerente (la proposta sarà presentata a gennaio 2016) per lo specifico caso italiano. Specifico e particolare perché, contrariamente a quanto riscontrato nella sistematicità di altri progetti che avevano l’obiettivo di ridurre la circolazione di banconote e promuovere le soluzioni cashless, la recente introduzione della norma sul limite del contante a 3000 euro denota – senza entrare nel merito di altri aspetti – una certa inconsistenza dell’azione legislativa rispetto a questo tema, specialmente alla luce di quei Paesi che hanno sempre mantenuto dritta la barra del timone.

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