Confrontando la nostra esperienza utente rispetto a un quindicennio fa, è facile rilevare come pochi settori siano cambiati come quello bancario. Da una relazione incentrata prevalentemente su un luogo fisico (lo sportello) si è arrivati ad adottare l’approccio digitale e multicanale, che ha costretto le filiali a rivedere i propri modelli di business verso l’adozione di nuove tecnologie, all’insegna dell’automazione e della user experience. L’innovazione nel settore è destinata ad accelerare ulteriormente nei prossimi anni per effetto dell’Open Banking e della PSD2 (Payment Services Directive 2), la nuova direttiva europea sui servizi di pagamento), che avranno effetti rivoluzionari per le banche tradizionali, favorendo lo sviluppo di un nuovo panorama competitivo con regole nuove. Se da un lato infatti l’Open Banking si può definire una condivisione di dati e informazioni tra i diversi attori dell’ecosistema bancario (ovviamente autorizzata dai clienti finali), dall’altro la PSD2 impone alle banche l’obbligo di aprire le proprie API (Application Program Interface) ad altre società terze. Queste società possono così, per la prima volta, avere un canale per arrivare ai dati del cliente della banca (tranne per le abitudini di spesa e la storia creditizia) e avere la possibilità di costruire i propri prodotti e servizi “intorno” a quei dati.
L’ascesa del fenomeno Fintech
L’intento della PSD2, d’altronde, è quello di contribuire alla diffusione di soluzioni digitali e di agevolare, se non addirittura incentivare, la competizione nel mondo Finance. La conseguenza pratica è quindi quella di spalancare le porte del Banking & Finance non solo agli attori tradizionali, ma a chiunque abbia la capacità di proporre servizi a valore aggiunto e altamente innovativi al cliente finale. Parliamo dunque di BigTech, case automobilistiche, Retailer, Utility e Fintech. Queste ultime, in particolare, sono quelle che più stanno giovando della diffusione dell’Open Banking. Le startup Fintech, offrendo servizi nuovi e mirati a utenti finali e aziende, stanno infatti svolgendo un ruolo centrale nella digitalizzazione del mercato finanziario. Basti pensare che nel 2018, secondo l’Osservatorio Fintech & Insurtech della School of Management del Politecnico di Milano, ben 11 milioni di utenti, il 25% della popolazione italiana tra i 18 e i 74 anni, ha utilizzato almeno un servizio Fintech o Insurtech. Tra l’altro con ottimi risultati: chi utilizza questo genere di servizi si dichiara mediamente molto soddisfatto. Quelli più apprezzati sono la possibilità di gestire i sinistri da Smartphone (voto medio 9,6 su 10), l’attivazione di assicurazioni istantanee (8,9) e l’accesso a un finanziamento da Smartphone o Pc (8,9).
Non sorprende, dunque, come il fenomeno Fintech abbia ormai assunto delle dimensioni davvero importanti su scala mondiale. Sempre stando ai dati dell’Osservatorio, globalmente sono presenti ben 1.210 startup Fintech & Insurtech che hanno incassato almeno 1 milione di dollari di finanziamenti, in buona parte situate negli USA e in Cina. Più limitati – ma comunque in crescita – sono invece i numeri dell’Italia: 8 startup con sede nel nostro Paese hanno superato la soglia del milione di dollari di finanziamenti ricevuti (due anni fa erano solo 2), per complessivi 44 milioni di dollari (contro i 20 registrati due anni fa).
La relazione Fintech-Banche
La relazione tra Fintech e i tradizionali operatori del mondo bancario, non deve però essere vista in termini di contrapposizione, ma piuttosto in termini di opportunità strategica, perché da un lato le prime possono ottenere maggiore visibilità ed economie di scala sfruttando la customer base già esistente delle banche e creare una migliore rete distributiva; dall’altro lato gli operatori tradizionali possono beneficiare della flessibilità organizzativa e dell’agilità nella risposta ai frequenti cambiamenti del mercato che contraddistinguono le Fintech, riducendo il time-to-market, i costi di rilascio e aumentando così la redditività. Tutto questo a vantaggio del cliente finale, tanto in termini di customer experience rinnovate (plus delle Fintech) che di affidabilità e trust (plus delle banche). Secondo l’ultimo report di PWC in materia, ben l’84% degli istituti di credito italiano (contro l’82% nel mondo) prevede di aumentare le partnership con le Fintech nei prossimi 3-5 anni, con l’obiettivo di andare non soltanto nella direzione di abilitare l’Open Banking, ma anche di innovare l’intero mondo finanziario e assicurativo, tanto che oggi si parla sempre di più di Open Finance.
L’innovazione Open X
Anzi, il World FinTech Report (WFTR) 2019, realizzato da Capgemini ed Efma, si spinge a delineare il prossimo avvento di una nuova fase di innovazione – denominata “Open X” –, che richiederà una più profonda collaborazione e specializzazione, facilitata dalla standardizzazione delle Application Program, nonché da insight condivisi relativi ai dati dei clienti. La prospettiva dell’Open X è quella della nascita di un mercato integrato, con ruoli specializzati per ogni player, in grado di consentire uno scambio continuo di dati e servizi, migliorando l’esperienza del cliente e accelerando l’innovazione di prodotto.
A spingere l’avvento dell’Open X sono quattro direttrici fondamentali:
1) La grande attenzione delle aziende al valore della customer experience;
2) L’evoluzione dei dati, che sempre più si trasformano in asset strategico;
3) Il passaggio da un focus sulla proprietà alla facilitazione dell’accesso condiviso;
4) L’importanza assunta dalla collaborazione tra le aziende, in un’ottica sempre più improntata alla coopetition
Un ruolo chiave in logica Open X sarà giocato dalla progressiva standardizzazione delle API, oggi non ancora del tutto avvenuta, considerata fondamentale per diminuire le frodi, migliorare l’interoperabilità e aumentare velocità di accesso al mercato e scalabilità. All’interno dello scenario Open X, le banche dovranno prima di tutto migliorare il loro modello integrato (tradizionale) e poi concentrarsi su determinate aree di specializzazione. Per competere in questo scenario, sarà necessario reclutare persone con il giusto talento, sfruttare dati e tecnologia e collaborare con le Fintech così da riuscire a sviluppare un’adeguata offerta di servizi.
La strategia di Auriga sull’Open Banking
La necessità di una svolta innovativa del mondo Finance & Banking è particolarmente nota ad Auriga, uno dei principali fornitori italiani di software e soluzioni applicative per il mondo delle banche, con una forte focalizzazione sui sistemi di pagamento e sull’omnicanalità per una gestione integrata dei canali. In particolare, dallo scorso 27 maggio il gruppo ha annunciato l’operatività della piattaforma WWS Open API, in linea con le scadenze dettate dalla PSD2 e con le direttive di Banca d’Italia. Si tratta di uno strumento che consente sia alle banche che alle terze parti una più facile interconnessione tramite l’esposizione di una serie di API che abilitano le funzionalità richieste dalla normativa, grazie all’adozione dello standard NextGenPSD2 di Berlin Group. Nel concreto la piattaforma assicura una serie di potenziali vantaggi per i clienti delle banche aderenti: in particolare sarà possibile beneficiare di nuovi servizi, attraverso le app realizzate da terze parti del mondo bancario e non, autorizzate ad operare in Italia.
I vantaggi per gli utenti
Gli utenti potranno così ad esempio effettuare pagamenti, oppure gestire le informazioni sul proprio conto, anche attraverso applicazioni realizzate altri soggetti. Le banche, d’altra parte, avranno maggiori possibilità di proporre servizi e prodotti di altre parti, in sinergia con i propri, e sviluppare nuovi punti di contatto e servizi a valore aggiunto con un minor costo. In questo modo gli istituti di credito hanno la possibilità di assolvere agli obblighi previsti dalla normativa PSD2, centralizzando i servizi di identificazione e autenticazione delle terze parti, analisi di eventuali frodi e dei processi di monitoraggio previsti dalla direttiva. In definitiva, permettendo di minimizzare gli impatti tecnico-funzionali e gli investimenti derivanti dall’adeguamento alla nuova normativa, riducendo così il time-to-market. Le stesse terze parti hanno la possibilità di semplificare la modalità di interfacciamento grazie all’adozione dello standard NextGenPSD2 di Berlin Group.
Un incubatore per le startup
Sempre nell’ottica di favorire l’Open Innovation a beneficio del servizio offerto dalle banche, Auriga ha dato vita a un proprio incubatore, IC406, con l’obiettivo di entrare in contatto con idee e competenze provenienti dall’esterno, anche da ambiti molto diversi. Per incentivare un network efficace tra banche e Startup Fintech, IC406 è sempre impegnato nel favorire la crescita di startup digitali italiane che operano in alcuni settori specifici, come blockchain, intelligenza artificiale, IoT, realtà aumentata e virtuale, fintech, insurtech, peer to peer lending, pagamenti elettronici, retail banking. In IC406 le startup selezionate possono contare su un percorso completo di incubazione, della durata di 24 settimane, caratterizzato da un programma strutturato e serrato di formazione e accompagnamento per la customer discovery e business validation.